Nonostante gli sforzi globali per tutelare gli oceani, soltanto il 4% delle acque del Pianeta ricade in un'area marina protetta, mentre solo nello 0,5% c'è il divieto di pesca e d'estrazione di risorse dal sottosuolo. A dirlo è uno studio condotto dall'università canadese della Columbia Britannica.
Il piano strategico per la biodiversità, adottato nel 2010 dalle Nazioni Unite insieme ai relativi target di Aichi, prevede di raggiungere la tutela del 10% delle aree marine mondiali entro il 2020. Non si tratta solo di istituire nuove aree protette, spiega l'autrice dello studio Lisa Boonzaier, ma di gestirle in modo adeguato e di estendere le zone dove è proibito il prelievo di petrolio e gas, così come di pesci, crostacei e alghe, in modo da "raggiungere l'obiettivo di conservazione della biodiversità".
Il problema principale, sottolinea l'esperta, non è tanto arrivare al 10%, quanto garantire una tutela effettiva ed efficace. Negli ultimi tempi, infatti, sono diversi gli impegni di istituzione di nuove aree, a cominciare da quello preso nel corso di questo mese dal presidente Usa Barack Obama che ha annunciato la creazione di due riserve in Maryland e in Wisconsin. In Cile, sempre agli inizi di ottobre, il governo ha reso nota l'intenzione di creare la terza più grande area marina del mondo al largo dell'Isola di Pasqua, dove saranno vietate le trivellazioni e la pesca commerciale. È di fine settembre, poi, l'annuncio di un santuario oceanico di 620mila km quadrati nelle acque territoriali della Nuova Zelanda, mentre per l'Antartide è al vaglio in questi giorni la proposta di istituire quattro riserve marine.