(ANSA) - ROMA, 15 MAR - Con 500 ore di lavoro, i biologi subacquei del progetto Life Seposso coordinato dall'Ispra hanno scandagliato 30 mila metri quadri di fondali trapiantati con la Posidonia oceanica in diverse località italiane. Hanno dimostrato che "di fronte ad una regressione preoccupante delle praterie italiane di Posidonia oceanica, i trapianti possono essere una delle soluzioni, ma risultano efficaci solo se eseguiti sulla base di buone pratiche e prevendendo un monitoraggio nel tempo di almeno 5-10 anni". I risultati di due anni di controlli sui 15 trapianti di Posidonia oceanica, effettuati in Italia negli ultimi 20 anni, sono stati presentati nel corso di una conferenza a Roma presso l'Auditorium della Tecnica.
La Posidonia oceanica è una pianta marina endemica del Mediterraneo che forma estese praterie in grado di offrire rifugio e nutrimento a circa il 20-25% delle specie vegetali e animali di questo mare. Gli oltre 300 mila ettari mappati tra il 1990 e il 2005 hanno visto una diffusa regressione lungo le coste della Liguria, Toscana, Lazio e Puglia pari ad oltre 30.000 ettari negli ultimi 20-30 anni. Ammonta a circa 20.000 ettari quella scomparsa lungo le cose della Sardegna.
"La Posidonia è soggetta ad un degrado naturale, ma c'è anche la costruzione di nuove opere marino-costiere (porti, gasdotti-oleodotti, rigassificatori ed elettrodotti) a danneggiare le praterie", si legge in una nota. Inoltre la pesca a strascico illegale e gli ancoraggi delle imbarcazioni da diporto e delle grandi navi arrecano gravi danni alla pianta. Il progetto ha dato vita a un manuale per la pianificazione, realizzazione e monitoraggio dei trapianti di Posidonia oceanica. (ANSA).