Il Mediterraneo si sta riscaldando anche in profondità, a causa dei cambiamenti climatici, e l'aumento delle temperature sta causando drastici cambiamenti della biodiversità marina. Lo rivela il secondo rapporto del progetto Mare Caldo di Greenpeace e Università di Genova, presentato oggi a Trieste.
E' stata rilevata un'anomala "ondata di calore" a giugno 2020 all'Isola d'Elba e all'Area Marina Protetta di Portofino, con temperature che in pochi giorni e per un periodo di tre settimane hanno registrato un aumento di circa 1,5 gradi centigradi rispetto al valore medio mensile, fino a 35-40 metri di profondità. Questi shock termici, registrati anche in Spagna e Francia nello stesso periodo, sono particolarmente dannosi per gli organismi sensibili come le gorgonie, specie simbolo dell'habitat a coralligeno del Mediterraneo. Come avviene ai coralli tropicali che si "sbiancano", anche diverse specie mediterranee mostrano evidenti segnali di necrosi a causa dell'aumento delle temperature.
I maggiori segnali di sofferenza sono stati registrati sulle gorgonie rosse, bianche e gialle della AMP di Capo Carbonara (Sardegna). A sbiancarsi sono anche le alghe corallinacee incrostanti, particolarmente colpite da questo fenomeno nelle AMP di Torre Guaceto (Puglia) e Capo Carbonara, e il madreporario mediterraneo Cladocora caespitosa. A Miramare (Trieste) nell'agosto 2021 è stato possibile evidenziare la relazione tra una moria di spugne nere dovute alla presenza di solfobatteri e un'ondata di calore in mare.
L'aumento delle temperature porta alla scomparsa di alcune specie, mentre altre, dette termofile, proliferano. È il caso del vermocane (Hermodice carunculata), che è aumentato in modo considerevole nelle AMP più meridionali, o di alcune specie aliene, come il mollusco gasteropode di origine polinesiana Lamprohaminoea ovalis, osservato per la prima volta all'isola d'Elba.
Ogni anno cementificati 5 km di coste. Ogni anno in Italia sono stati persi 5 Km di costa naturale negli ultimi 20 anni, a causa della costruzione di nuove strutture artificiali: una misura che equivale all'intero litorale di una località balneare come Fregene. L'artificializzazione è ancora più rilevante nelle zone retrostanti le spiagge, nelle quali ogni anno dune costiere, terreno coltivato, vegetazione e formazioni naturali vengono sostituite da oltre 10 Km di opere antropiche. Lo rivela l'aggiornamento della banca dati "Linea di Costa Italiana" di ispra, presentato oggi. L'Ispra svolge da 20 anni attività di analisi delle coste italiane. La linea di costa italiana misura circa 8.300 Km, di cui il 13% è occupato da opere artificiali come porti, opere di difesa costiera, opere idrauliche di impianti industriali, strutture artificiali a supporto della balneazione. Negli ultimi 20 anni, la costa artificializzata è aumentata complessivamente di oltre 100 km. Un discorso parallelo riguarda l'interfaccia tra le spiagge ed il territorio circostante. Nell'insieme, la linea di retrospiaggia misura circa 4.000 Km, di cui solo metà restano naturali, mentre oltre il 20% è completamente occupato da opere artificiali, come infrastrutture viarie, abitazioni, lidi, siti produttivi. L'incremento in questo caso è stato di oltre 200 Km negli ultimi 20 anni. Il restante 30% si caratterizza come "urbano sparso", occupato quindi in maniera parziale e discontinua da opere antropiche.