di Stefano Secondino
Il mondo nel 2021 non ha fatto progressi in materia di sostenibilità. Ed è il secondo anno consecutivo. Anche nel 2020, i progressi erano stati zero. Colpa soprattutto della pandemia, che ha bloccato la crescita economica, la lotta alla povertà e il miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Ma colpa anche degli scarsi progressi in materia di contrasto alla crisi climatica, tutela della biodiversità, sviluppo urbano.
Il magro bilancio è stato fatto dalla Rete per le soluzioni di sviluppo sostenibile (Sdsn), network internazionale di esperti in materia. Ogni anno l'Sdsn pubblica un rapporto sul progressi fatti dagli stati del mondo sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, Sdg), adottati dall'Onu nel 2015 con l'Agenda 2030. Gli Obiettivi sono 17, e riguardano quattro temi: lavoro dignitoso e crescita economica, città e comunità sostenibili, riduzione delle ineguaglianze, azione sul clima.
L'Sdsn ogni anno fissa un indice sul progresso verso gli Sdg di ogni singolo stato e di tutto il mondo. L'Indice globale è leggermente diminuito nel 2021, per l'impatto della pandemia sugli Obiettivi "Sconfiggere la povertà" e "Lavoro dignitoso e crescita economica" e delle scarse prestazioni sugli Obiettivi "Clima", "Biodiversità" e "Sviluppo urbano sostenibile".
In vetta al'SDG Index si trova la Finlandia, seguita da tre paesi nordici, Danimarca, Svezia e Norvegia. Tutti i primi 10 paesi sono europei. L'Italia è al 25/o posto, su 163 paesi.
L'Asia orientale e meridionale è la regione che ha progredito maggiormente, con in testa il Bangladesh e la Cambogia. Il Venezuela è il paese che ha registrato il calo maggiore.
Tra gli Stati membri del G20, gli Stati Uniti, il Brasile e la Federazione Russa mostrano il minor sostegno all'Agenda 2030.
I paesi nordici dimostrano un sostegno relativamente elevato per gli Sdg, così come l'Argentina, la Germania, il Giappone e il Messico. Alcuni paesi come il Benin e la Nigeria in Africa hanno grandi lacune nel loro Indici Sdg, ma ottengono anche punteggi relativamente alti per i loro sforzi politici. In fondo alla classifica dei 163 paesi c'è il Sud Sudan, preceduto da Repubblica Centrafricana e Ciad.
Il rapporto mostra come i paesi ricchi generino ricadute socioeconomiche e ambientali negative sui paesi più poveri, in particolare attraverso consumi non sostenibili.