"Black mafia" con la regia di Romano Montesarchio, da un'idea di Andrea Di Consoli e scritto da Romano Montesarchio, Sergio Nazzaro e Stefano Russo andrà in onda il 10 dicembre su Rai 3. ANSA ne ha parlato in esclusiva con Sergio Nazzaro, autore del libro inchiesta "Mafia nigeriana" dal quale trae ispirazione Black Mafia.
Sergio, in questo report ricostruite come nasce e cosa è la mafia nigeriana, partendo dai racconti delle vittime e fino a intervistare magistrati, investigatori, assistenti sociali, antropologi. Raccontaci come è nato e come si è sviluppato questo lavoro.
"La docu serie è nata per volontà di Andrea Di Consoli e Enrico Bufalini dell'Istituto Luce e dal coraggio di Gaetano di Vaio della Bronx Film che ha sempre trattato tematiche complesse. E allo stesso tempo abbiamo avuto lo straordinario supporto di RAI Doc nella persona di Duilio Giammaria. Non solo il tema è estremamente innovativo, la mafia nigeriana, ma anche la sua trattazione sono innovativi e questo lo si deve al regista Romano Montesarchio e all'autore Stefano Russo. Mancava un racconto serio ed articolato sul tema e il mio libro reportage "Mafia Nigeriana" è diventato il testo base ideale per creare questo reportage".
Il report illustra in particolare la nascita della Sat, la squadra anti tratta con operatori della polizia locale di Torino, una intuizione che si rivela preziosa per sgominare il gruppo mafioso e per la riuscita dell'operazione Athenaeum. Puoi parlarcene?
"Da oltre due decenni Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza contrastano la criminalità organizzata nigeriana, molte volte nella disattenzione generale. Non è un fenomeno nuovo, anzi. L'incredibile novità è stata un'operazione fondamentale contro la mafia nigeriana condotta dalla polizia locale, dalla SAT guidata da Fabrizio Lotito e seguita dal magistrato Stefano Castellani. L'intuizione nasce grazie al procuratore Giancarlo Caselli, quella di avere una squadra speciale permanente contro la tratta, ed è stata un'idea rivoluzionaria. Non è un problema che si affronta improvvisando, rimane purtroppo attuale con i grandi flussi migratori che diventano terreno di caccia di trafficanti di esseri umani. La polizia locale quindi può avere un ruolo centrale perchè opera direttamente sul territorio, e soprattutto si affronta organicamente uno dei peggiori crimini contro l'umanità ovvero il traffico di esseri umani.
E' un modello che è stato esportato in altre città? Potrebbe esserlo?
"No, non è stato esportato ma dovrebbe esserlo. E' un vanto la squadra speciale di Torino e dovrebbe essere presa a modello per tutte le grandi città, quantomeno. Immaginiamo di avere una SAT in ogni grande città, sarebbe una sinergia con le altre forze dell'ordine che permetterebbe un reale contrasto con solo alla mafia nigeriana, ma anche ad altre forme di criminalità che vede coinvolti la tratta e la riduzione in schiavitù di giovani donne. Troppe volte il fenomeno della prostituzione viene sottovalutato, invece alle spalle di questo crimine ci sono veri e propri network criminali transnazionali".
Nel report ricostruite il lavoro fatto dagli investigatori e dai magistrati, un lavoro durato 3 anni e mezzo, con il supporto di 200 uomini, 100 autovetture, 500 mila tra intercettazioni telefoniche e ambientali. Che ha portato a 44 ordinanze di custodia. Una operazione, dici tu stesso in un passaggio, ottenuta "senza sparare neppure un colpo di pistola, operazione di intelligence". E' un modello replicabile?
"Si, assolutamente. Ma soprattutto non è una prima volta. Le mafie si combattono sul campo dell'intelligence. Sto scrivendo un nuovo libro proprio sulla prima inchiesta sulla mafia nigeriana di oltre due decenni fa "restore Freedom". Anche in quel caso un'operazione con quasi 50 arresti e tutta svolta solo con intercettazioni e operazioni sul campo, senza mai sparare un colpo. La mafia nigeriana, quindi, per quanto potente si batte con indagini serrate e questo è valido per tutte le mafie, colpendo al cuore le loro operazioni. E le forze dell'ordine italiane sono veramente all'avanguardia su questo fronte, perchè affrontiamo il fenomeno da decenni, essendosi sviluppato proprio in Italia".
L'Italia è apripista siamo i più evoluti, con i migliori investigatori, abbiamo il migliore Codice antimafia, dici sempre tu in un altro passaggio. Cosa manca allora per aggredire con maggiore forza le mafie?
"In merito alla mafia nigeriana, credo che sia arrivato il momento che tutto il patrimonio investigativo venga ricostruito e unificato. Nelle mie ricerche che definisco "archeologia giudiziaria" ricostruisco tutte le indagini e i processi: non c'è un archivio unico di un fenomeno innovativo ma soprattutto dalle grandi connotazioni geopolitiche come questa. Sono attivi sul fronte della tratta di esseri umani da decenni, da una sponda all'altra del Mediterraneo. Avere un osservatorio permanente, strutturato, che analizzi e metta insieme tutto questo patrimonio investigativo e di intelligence ci permetterebbe di comprendere le evoluzioni future senza inseguire soltanto un caso sporadico alla volta. La mafia nigeriana disegna la geopolitica del Mediterraneo e dobbiamo avere la capacità di analisi piena e soprattutto che sappia anticipare le loro mosse".
Oggi la mafia nigeriana che volumi di attività ha? Siamo lontani dallo stroncarla in Italia o ci sono buone prospettive per farlo? Ci sono in campo forze e attenzione sufficienti?
"Al pari delle nostre mafie, quella nigeriana ha come campo d'azione il mondo intero. Si muovono con grande agilità in ogni dove, ma soprattutto nel Mediterraneo. Con tutti i conflitti in essere, l'instabilità politica e sociale, hanno terreno fertile per muoversi sempre sottotraccia. Credo che abbiamo tutte le capacità e le risorse, che non possono essere di mera competenza giudiziaria. Mi spiego: abbiamo di fronte un'altra cultura, un altro Paese con immani complessità. Abbiamo il fenomeno delle migrazioni sui cui intervengono e dovremmo difendere i migranti dalla loro presa. La lotta alle mafie deve essere l'unione di molte forze in campo, e sono necessari analisti e studiosi, perchè una mafia che si muove dal dark web ai riti voodoo, dal narcotraffico alle truffe telematiche non può essere affrontata solo da un punto di vista di forze dell'ordine ma anche da un punto di vista culturale".