Il giardiniere e il lattaio, il sarto e l'orafo, il pastore e l'orologiaio, la magliaia e il pastore: è un inno alle arti e mestieri la sfilata di Dolce e Gabbana, con tanto di artigiani al lavoro ad accogliere gli ospiti al loro arrivo al Metropol. E a riprendere l'attività delle varie postazioni-installazioni, un piccolo esercito di 40 tik tokers, chiamati a raccontare con il loro linguaggio i lavori di una volta e, magari, a considerare che c'è un altro mondo oltre a quello virtuale. "Il messaggio che vogliamo lanciare - spiega Stefano Gabbana - è un ponte tra la tradizione italiana del lavoro e le nuove generazioni. Per dire loro che con le mani si può fare qualcosa di utile a se stessi e alla società".
Loro, che sono stati i primi a invitare i blogger alle loro sfilate e hanno poi voluto i Millennial come interpreti delle loro collezioni, adesso puntano al social più giovane, su cui apriranno un account entro fine mese: "ma non vogliamo che promuovano noi, semmai è il contrario, siamo un po' come i loro genitori e quello che vogliamo dir loro - spiega ancora Gabbana - è che si può fare il pane in casa o sferruzzare un maglione e da lì, magari, intraprendere una carriera o crearsi un lavoro".
Che poi, nel fare le cose a mano, c'è molto di più che il valore economico: "trasmettere il ricordo del maglione della nonna è un atto di amore, se qualcuno ti fa un maglione a mano è perché ti ama ed è questo - sottolinea Gabbana - quello che vogliamo continuare a raccontare".
Così questa volta la famiglia Dolce e Gabbana si trasforma in una fiumana di lavoratori, con l'uscita finale che si ispira al quadro 'Quarto Stato' di Pellizza da Volpedo e le pareti su cui passano i video in bianco e nero girati nella grotta Mangiapane a Custonaci, piccolo borgo siciliano in provincia di Trapani, dove sono stati allestiti le botteghe con i mestieri di una volta. E sono proprio le abilità artistico-artigianali di un tempo ad avere ispirato la collezione per il prossimo inverno, che è tutta concentrata intorno al fatto a mano, dalle maxi pellicce di lana e jersey, che sembrano shearling, ai pantaloni anche loro tricottati, indossati in passerella da un modello-pastore con tanto di agnellino in braccio. E poi le tute fatte a mano, in un tricot di lana, alpaca e shearling, i grembiuli di pelle attrezzati da giardiniere o da calzolaio da portare con i maglioni a trecce, le canottiere con la scritta 'hand made' messi con i pantaloni di velluto a coste larghe con le fibbie, le tute di maglia della nonna sopra la serafino e le enormi mantelle, la coppola e la giacca doppiopetto allacciata di sbieco.