Fece toccare il cielo con un dito, come gli scrivevano le ammiratrici, a tante donne che lo adoravano, ma oggi sono 20 anni senza di lui. Il 28 marzo del 1999 veniva infatti a mancare a Roma, per una crisi respiratoria, Franco Gasparri, da tanti ricordato con affetto e nostalgia e che negli '70 fu stereotipo della bellezza maschile.
Era il protagonista assoluto e incontrastato del popolarissimo genere del fotoromanzo: basti pensare che le tirature della Lancio, casa editrice che li produceva, era di cinque milioni di copie vendute ogni mese. Tante ragazze dell'epoca sfogliavano quelle riviste in bilico tra bianco e nero e storie a colori, e si innamoravano di lui, sogno di un'intera generazione. Del resto era l'Italia degli anni '70, che ebbe gli anni di piombo ma era più idealista e romantica di oggi. Franco Gasparri divenne anche attore nel cinema di genere, con la saga di Mark il Poliziotto, tre film diretti da Stelvio Massi che ebbero incassi eccezionali al botteghino, e la sua popolarità raggiunse l'apice.
Chi lo conosceva da vicino lo apprezzava però per altre qualità, in particolare la sua grande umanità, perché il successo non lo aveva cambiato. Non a caso, Gasparri mantenne sempre vivo il legame con la città in cui era cresciuto, la marchigiana Senigallia, e con gli amici d'infanzia con cui era cresciuto. Alcuni gli furono vicini anche nel momento più duro della sua vita, ovvero quando fu costretto sulla sedia a rotelle, per quasi un ventennio, a causa di un incidente di moto fino alla morte avvenuta quando non aveva ancora compiuto 51 anni. A tutti lasciò le parole dette nell'unica intervista che concesse anni dopo l'incidente con la sua Kawasaki: "quando un uomo sta male e vede la sua vita stravolta, nel suo intimo si accende una luce. Io ero bello, ricco, famoso, spensierato, pieno di speranze e progetti, felice. A un tratto tutto questo è finito. Ma è stato in quel momento che il mio animo ha cominciato a vedere e a capire cose che prima non apprezzavo e delle quali non tenevo alcun conto. Per questo posso dire alla gente di apprezzare di più le piccole cose che offre la vita, di accontentarsi, di tollerarsi l'un l'altro. La vita è un passaggio molto rapido, viviamola con serenità".
Un'altra sua caratteristica, mantenuta per tutta la vita, era la passione per il calcio: era tifosissimo della Lazio e la seguiva sempre in casa e in trasferta. "Prima che si sentisse male e poi morisse - ha raccontato una volta il fratello Franco jr. che lo accompagnava sempre -, stavamo concordando di andare a vedere Lazio-Milan". La curva nord lo ricordò con uno striscione "Ciao Franco artista", e in queste ore sta facendo altrettanto l'etere romano di fede biancoceleste: uno così non si dimentica.