Il Pigneto non è un quartiere, avrebbe scritto Magritte. Lo è diventato per acclamazione. In questo triangolo a Roma che inizia subito fuori Porta Maggiore, tra via Prenestina, via Casilina e via dell’Acqua Bullicante, sono oltre 30.000 gli abitanti. Spina dorsale di questa zona è la lunga e insolita via del Pigneto, che esiste almeno dal 1550 come strada poderale tra i vigneti. Il volume "La Storia del Pigneto, dalla preistoria ai giorni nostri" (Edizioni Typimedia per la collana 'Communitybook La storia di Roma) racconta la vita del quartiere attraverso testimoni di un percorso cronologico lunghissimo: elefanti in epoca preistorica, popoli antichi, imperatori romani che si sono affrettati a costruire gli acquedotti, barbari che li hanno sabotati, e poi papi, latifondisti, monaci, imprenditori, ferrovieri, partigiani, immigrati italiani prima, stranieri oggi.
Ogni epoca ha lasciato un segno e dato personalità a questo borghetto che altrimenti sarebbe sparito. Testimoni di un passato glorioso sono l’eccentrica tomba del fornaio Eurisace, riscattato dalla schiavitù, il torrione prenestino, il terzo più grande mausoleo di Roma, gli acquedotti, in ultimo l’acquedotto Felice, che alla fine del cinquecento portava acqua corrente alla grande villa di papa Sisto V, per diventare poi appoggio per le baracche di via del Mandrione, e Porta Maggiore, un diaframma a ricordare la differenza tra dentro e fuori Roma, tra città e suburbio. Il Pigneto e il cinema: dal 1945 sono 15 i film girati qui. Da Roma Città Aperta e Accattone fino a Fantozzi, il quartiere è il palcoscenico naturale di una borgata resiliente che si salva da sola, sotto l’ala della Tangenziale Est.
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Il volume è stato curato da Gaia Marnetto, conservatrice dei beni culturali e storica dell'arte. Si occupa di progetti legati alla valorizzazione della cultura, in Italia e all'estero, "La storia del Pigneto" è la sua prima pubblicazione.
Lavorando al volume, cosa l’ha colpita di più delle persone che oggi vivono al Pigneto?
Vivo al Pigneto ma sono nata e cresciuta nel quartiere Prati, questo dato è significativo perché provengo da un tessuto sociale molto diverso da quello di arrivo. La fondamentale differenza è legata ai rapporti personali: vivendo nel mio quartiere d’adozione ormai da due anni, ho scoperto le relazioni “a chilometro zero”. Mi riconosce e saluta il gelataio, mi riconosce e saluta il barista del locale sotto casa e tanti e tanti altri. Ammetto di essere stata piacevolmente stupita ed è forse – nel disordine che molti contestano a questo spicchio di Prenestino-Labicano – la cosa che più mi piace. Quando ho iniziato a lavorare al libro “La Storia del Pigneto” ho girato molto alla ricerca di ricordi di quelli che avevo intuito essere i residenti storici, sia in termini di botteghe che di abitanti. Superata la comprensibile diffidenza iniziale nei confronti di chi ti viene a chiedere informazioni per lo più private come spunto per un libro, ho ricevuto in poco tempo diversi racconti, ricordi, aneddoti. Gli occhi di chi mi racconta della nonna – o anche di se stesso bambino – brillano. Non sono storie da romanzo epico ma tanti piccoli pezzi di un prezioso puzzle, che mi è servito anche per calarmi in una dimensione temporale e spaziale molto diversa dalla mia di origine. Mi ha colpito un dettaglio: anche nella quotidianità più “normale” e spesso complicata, passata e presente, esiste un certo orgoglio, uno spiccato senso di appartenenza che non ha nulla a che vedere con la moda/movida scoppiata da pochi anni.
Qual è secondo lei una lettura da consigliare dopo aver letto il suo volume per continuare ad approfondire la conoscenza di questo quartiere?
La bibliografia è relativamente contenuta, ma ho ben tre tipologie che possono incontrare ogni gusto: un romanzo recentissimo (“Il Cielo sopra il Pigneto” di Cristiano Ranalletta); un libro autobiografico (“Romanacci Tua!” di Stefano Vigilante) e un testo molto orientato all’evoluzione urbanistica (“Roma mosaico urbano; Il Pigneto fuori Porta Maggiore” di Carmelo G. Severino).
A cosa sta lavorando ora?
Attualmente sono rientrata nella dimensione esplorativa, sto infatti approfondendo la storia di alcune famiglie che hanno avuto un certo peso nelle sorti del Pigneto. Mi interessa molto, sicuramente per effetto del libro che ho scritto, calarmi più in profondità in quelle dinamiche sociali che hanno portato effetti di un certo peso sui cambiamenti visibili tra le vie del Pigneto. Il tempo è però ridotto: la sovraesposizione del quartiere, anche turistica, così come i grandi cambiamenti infrastrutturali in corso, mi incalzano. Conto quindi di avere l’opportunità e la fortuna di continuare la mia ricerca senza eccessive perturbazioni.
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(martino.iannone@ansa.it)