(di Francesca Scorcucchi) Al grido di "me too", l'hashtag sul social network Twitter con cui le donne di tutto il mondo hanno denunciato la vastità del fenomeno delle molestie sessuali sul lavoro, a Hollywood, nel pomeriggio di domenica 12 novembre donne - e uomini - hanno marciato nella zona del Dolby Theater, lo stesso che a inizio anno ospita la cerimonia degli Oscar.
Due differenti marce, Take Back the Workplace March e a seguire la #MeToo Survivors March sono state organizzate in seguito allo scandalo che ha coinvolto prima il produttore Harvey Weinstein e poi un grande numero di celebrità e uomini potenti, a Hollywood ma non solo.
#metoomarch begins in #Hollywood pic.twitter.com/qLraXI5DDT
— David Crane (@vidcrane) 12 novembre 2017
"Harvey Weinstein is a joke - women workers just got woke!", cantavano le donne in marcia, Harvey Weinstein è uno scherzo - le donne lavoratrici si sono svegliate, e poi: "Your junk is not my job!", i tuoi genitali non sono il mio lavoro. Con questi slogan la marcia si è snodata per le strade del cuore di Hollywood, dove il cinema è nato e dove il fenomeno delle molestie sessuali sul luogo di lavoro è reso ancora più sordido dall'enorme potere che un produttore può avere nelle sorti della carriera di una lavoratrice dello spettacolo.
A organizzare la marcia è stata Tarana Burke, la donna che ha creato il "Me too movement", diventato famoso dopo che Alyssa Milano l'ha rilanciato con un suo intervento su Twitter. "Non voglio passare un attimo della mia vita a insultare persone che non meritano neppure di respirare la stessa mia aria - ha detto la donna ad un picchetto di 200 persone davanti al Teatro Cinese di Hollywood - Questa giornata non è per loro, è per noi… Ogni volta che vedete il simbolo #MeToo, questo rappresenta una storia nata in una tragedia ma che ha trovato la sua strada verso il trionfo". Il movimento MeToo è ora diventato popolare ma è nato più di una decina di anni fa. Allora era mirato soprattutto a portare alla luce un fenomeno che colpiva con particolare ferocia le donne più svantaggiate, appartenenti alle comunità di colore e latine. "La giornata di oggi servirà a ribadire che non vogliamo più stare zitte - ha concluso la Burke - Il silenzio finisce oggi".