Milano rende omaggio a uno dei più grandi maestri del '900, Carlo Carrà (1881-1966), con una mostra a Palazzo Reale che rappresenta la più ampia e importante rassegna antologica a lui dedicata mai realizzata fino ad oggi. Dal 4 ottobre al 3 febbraio 2019 i visitatori potranno ammirare 130 opere dell'artista, concesse in prestito dalle più importanti collezioni. Un modo per ripercorrere tutta la carriera di Carrà, passando per il periodo futurista, quello metafisico, fino ai paesaggi e alle nature morte che attestano il suo ritorno alla realtà quando, per dirlo con le sue parole riportate all'ingresso della mostra, "decisi di non accompagnarmi più ad altri, di essere soltanto me stesso".
L'esposizione, curata da Maria Cristina Bandera, con la collaborazione di Luca Carrà, nipote del maestro e responsabile dell'archivio, apre al pubblico a distanza di 30 anni dall'ultima mostra dedicatagli dal Comune di Milano a Palazzo Reale, nel 1987, e a 56 anni da quella del 1962, con l'artista ancora in vita.
Il piemontese Carlo Carrà, nato a Quargnento (Alessandria) nel 1881, dal 1939 al 1952 professore nell'Accademia di Brera, è una delle figure più eminenti dell'arte italiana del Novecento. Nel 1909 con Boccioni, Russolo e Marinetti a Milano redasse il manifesto dei futuristi; nel 1916 fu, con Giorgio De Chirico, il creatore della pittura metafisica; nel 1919 fu, con M. Broglio, alla testa del gruppo "Valori Plastici"; nel 1926 fece parte del gruppo "Novecento". Fu così tra i protagonisti dell'arte italiana nel primo e nel secondo venticinquennio del secolo, mantenendo in ogni fase un'aspirazione all'equilibrio classico che lascia comprendere la direzione da lui presa dopo il 1919 e che ha sostenuto permanentemente la sua feconda attività. Malgrado le giustificazioni nazionalistiche date alla sua pittura - è scritto nel dizionario Treccani - la critica vi ha scoperto rapporti con la pittura francese anche nel periodo del "Novecento" volto a ritrovare, dopo il pittoricismo impressionista e lo spregiudicato avanguardismo futurista, un esplicito contatto con la tradizione e una concreta coscienza del valore della forma. C., pur avendo affrontato temi monumentali, ha soprattutto prediletto paesaggi di austera semplicità, in cui talvolta la ricerca di volumi, che muove da Cézanne, s'incontra con inaspettati riecheggiamenti della pittura italiana del Trecento. Tale problematica si riflette anche nell'opera di Carrà come scrittore e critico d'arte (Guerrapittura, 1915; Pittura metafisica, 1919; Giotto, 1924; Il rinnovamento delle arti in Italia, 1945. Molti testi editi e inediti, sono stati raccolti in Tutti gli scritti, 1978).