(Testo e foto di Alessandra Magliaro) Li chiamano Rocky heroes, Rocky della vita reale, eroi alla Rocky, persone che c'è l'hanno fatta proprio come Rocky Balboa il piccolo pugile dilettante di Filadelfia che ha affrontato Apollo Creed, campione mondiale in carica dei pesi massimi, nel film del 1976 che ha dato la gloria a Sylvester Stallone. A quasi 50 anni da quel primo film di una saga che ne conta ormai sei più tre spin off con Creed, Rocky resta un' icona di riferimento. Da celebrare.
A Philadelphia la città in cui è ambientata la storia che quell'anno vinse tre Oscar come miglior film, migliore regia (Stallone, autore anche della sceneggiatura) e montaggio, parecchio ruota intorno alla memoria di questo personaggio ispirato al pugile Rocky Marciano, seppure lo spunto iniziale era l'incontro di boxe tra la leggenda Muhammad Ali e lo sfavorito Chuck Wepner. È un richiamo turistico certo ma anche occasione di fare nel nome del perenne perdente, una esperienza autentica, magari stravagante, conoscendo intorno a quei 72 gradini di pietra un fenomeno che si ripete di struggente umanità.
È anche un modo, tipicamente americano, di auto incentivare l'eterno mito della sfida da vincere, del self made man/woman che ce la fa ad ottenere qualcosa di inarrivabile, una celebrazione della tenacia , del non arrendersi , della perseveranza, della meta da raggiungere dunque infine del 'sogno americano' che ha plasmato la nazione che proprio qui fu fondata dai padri della patria che firmarono la Dichiarazione d'Indipendenza e la Costituzione degli Stati Uniti il 4 luglio 1776.
C'è questo dietro le celebrazioni show che al Rocky Day - il 3 dicembre, ossia la data di uscita del film - fanno montare un palchetto e lanciare la diretta tv su Cbs sfidando il vento gelido che taglia la faccia in cima alla mitica scalinata con alle spalle il neoclassico Philadelphia Museum of Art che serviva a Stallone per allenarsi e che oggi che tu sia in forma o no, in tenuta da runner o addirittura in abito da cerimonia (si accade anche di questo) devi salire di corsa con il nanana in testa, quel Gonna Fly Now di Bill Conti che ciascuno conosce.
Le autorità chiamano sul palco i Rocky Heroes ciascuno a raccontare la sua storia, dedicando loro anche un ritratto di grandi dimensioni. Per il RockyFest 2024, coordinato dal Philadelphia Visitor's Center, sono stati premiati Chantay Love, che ha fondato un'organizzazione per sostenere le famiglie delle persone uccise dalla violenza delle armi da fuoco dopo la morte del fratello Emir nel 1997 cui ha dedicato EMIR ossia Every Murder Is Real e Joshua Santiago, ex spacciatore, che ha trovato una seconda opportunità come barbiere attraverso la sua organizzazione non-profit, Empowering Cuts , tagli i capelli gratuitamente in tutta la città e lo stato ai senza fissa dimora . "Hanno fatto davvero grandi passi avanti nelle loro vite personali. Sono degli eroi per noi. Sono degli eroi per le loro famiglie e sono degli eroi per le loro comunità", ha detto la presidente Kathryn Ott Lovell.
I vincitori del premio Pulitzer Michael Vitez e Tom Gralish del Philadelphia Inquirer hanno trascorso un anno visitando il Philadelphia Museum of Art per catturare le storie dei "Rocky runners", che provengono da tutto il mondo per salire di corsa i gradini più famosi d'America, proprio come fece Sylvester Stallone in Rocky. Le persone - dicono gli autori - compiono il pellegrinaggio per segnare un nuovo inizio, per cercare ispirazione, per celebrare un traguardo, per trovare lo sfondo perfetto per un amore o semplicemente perché amano il film.
Dice Sylvester Stallone : "Ho trascorso tempo a Philadelphia negli anni '60, andavo alla Lincholn High School di Fishtown e lavoravo nella zona del porto, per questo ho girato lì il film ma i gradini sono un'area magica. Abbiamo visto Rocky nello squallore, lui corre via da tutto questo squallore e povertà e decide che la vetta che determinerà il suo successo sarà quando arriverà correndo in cima ai gradini , come arrivasse in una altra dimensione, come fosse l'inizio di una trasformazione. La scena nel film è stata improvvisata, non c'era niente di scritto. Perchè le persone corrono qua ancora dopo quasi 50 anni? Penso che Rocky rappresenti qualcosa, è una ispirazione. Siamo tutti underdogs, perdenti, e ci sono pochissime situazioni iconiche accessibili per diventare campione: non puoi metterti il mantello di Superman, non puoi usare la spada laser Jedi. Ma i gradini ci sono. I gradini sono accessibili. E stando lì, hai una specie di pezzo della torta di Rocky".
La statua con Rocky Balboa con le braccia alzate sta a Philadelphia come il David di Michelangelo a Firenze. Il paragone lo fa, l'artista Thomas Schomberg, un signore ormai in là con gli anni con il mito dell'arte italiana, che ogni anno si muove da Los Angeles a Philadelphia per partecipare alle celebrazioni. Ne parla al The Victor Café in South Philadelphia che nella saga è il ristorante di Rocky intitolato Adrian's in omaggio alla mitica Adriana, Talia Shire e nella realta è un posto molto famoso, un po' assurdo in cui si mangia italiano (leggasi italo-americano) mentre i camerieri cantano arie d'opera essendo un posto per amanti della musica a cominciare dal proprietario melomane che ha tappezzato le pareti di questo posto famoso con le foto da Arturo Toscanini in giù.
Proprio come fosse Piazza della Signoria, d'estate per una foto davanti la statua, possibilmente imitando la posa di Balboa a braccia in aria si fa una lunga fila. Volendo oltre al passaggio allo shop ufficiale dove comprare l'occorrente per 'vestirsi' da Rocky, si può acquistare la medaglia del vincitore da indossare per lo scatto. C'è persino un concorso per cani cosplayer del bullmastiff che aveva Rocky (il suo si chiamava Butkus, Birillo, e leggenda vuole che era talmente al verde Stallone pre-Rocky da averlo venduto per 50 dollari salvo ricomprare l'animale tempo dopo a contratto di produzione firmato).
Inevitabile il tour in bus nei luoghi di Rocky. Si prende ai piedi della scalinata e si parte con la guida a raccontare minuziosamente il personaggio, il film, i luoghi del set e quando sali sul bus ti dice 'quanto sei fan?' Perché nelle oltre due ore ci sono anche i quiz da risolvere. Nel bus accappatoio giallo e guantoni per scatti a tema durante il percorso. In pieno american style si sosta all'antico cimitero-giardino Laurel Hill con vista sullo Schuylkill River (uno dei due fiumi che attraversano la città, l'altro è il Delaware) dove c'è la tomba di Adriana Balboa, l'amata Adrianaaaa con tanto di data di morte (11 gennaio 2002) e dove il nostro Rocky andava a piangere come si vede nelle scene iniziali del VI film, girate nel 2006. Si raggiunge così l'assurdo fatto di una tomba vera di marmo grigio, posto per i fiori e nome inciso sopra, per un personaggio di finzione, ai margini di un cimitero cattolico, il secondo più grande d'America. Sempre proseguendo nell'assurdo accanto alla tomba c'è un mentore a raccontarci vita e morte di Adriana mentre accarezza la lapide come se stesse parlando di una persona reale.
Si risale e da lì si va verso downtown attraversando i ghetti poveri che sono diventati i quartieri della zona un tempo prospera di Philadelphia dove era pieno di fabbriche. Ora tutto sembra un po' abbandonato, dismesso con povera gente per lo più nera ad abitare quei luoghi e quando arrivi a Kensington sei nel famigerato posto degli zombie, i disperati dipendenti del micidiale fentanyl, l'oppioide sintetico che sta facendo strage. In queste strade nel film c'era la dimessa casa del pugile.
Le vie dopo sono parte della saga con il negozio di animali (ora una pizzeria) e la palestra Mick's Gym all'incrocio tra Susquehanna dove passa la famosa metropolitana sopraelevata in ferro costruita negli anni '10 del Novecento. Un luogo operaio industriale di grande fascino e che ora è in pieno recupero. Poche vie e si arriva Fishtown, la nuova scena gastronomica di Philadelphia piena di bei locali, enoteche e gallerie d'arte. Un occhio allo skyline di downtown con i grattacieli liberty e quelli nuovi avveniristici, di qua il ponte Benjamin Franklin tra i padri fondatori della patria, un ponte antico in ferro attraversato il quale si passa in New Jersey e con due ore scarse si arriva a New York.
Lungo la N. Christopher Columbus Blvd che costeggia il fiume ci si impatta nel più grande murale al mondo con la bandiera americana , dice con orgoglio la guida del Rocky Tour. E' alto quanto un palazzo (era una fabbrica liberty ora sono appartamenti) ed è firmato da Meg Saligman, tra le più noti street artist. A proposito di bandiera americana si fa un tuffo nella storia in piena città vecchia in Arch Street a pochi isolati di distanza dalla City Hall e dalla Liberty Bell., visitando la Betsy Ross House e fare un altro debito passaggio di patriottismo. In questa casa coloniale settecentesca ha vissuto, la donna che, come vuole la leggenda, ha cucito la prima bandiera degli Stati Uniti e ha sostituito le stelle a sei punte con le stelle a cinque punte, più facili da cucire. Una moglie, una lavoratrice e un’imprenditrice che ogni anno il 13 giugno qui viene commemorata per il National Flag Day.
Si arriva a Little Italy, dove le strade dell'Italian Market sono da sempre il cuore della comunità italiana che alla fine del1800 è arrivata numerosa da queste parti. Le strade sono piene di mercanzie, i cognomi sono Paesano, Luciano, Baldi, Di Bruno, Isgrò ecc. Sono alla quarta generazione ormai e i discendenti di quegli immigrati pionieri arrivati soprattutto dall'Abruzzo e dalla Sicilia e Campania di italiano sanno ben poco ma il senso delle radici e della comunità cresciuta qui dall'altra parte dell'oceano è ancora fortissimo al punto che questi negozi e ristoranti sono aperti tutti i giorni della settimana 365 giorni l'anno senza alcuna interruzione dal 1915. Qui Stallone ha girato alcune scene nella saga e l'incrocio di strade è talmente fotogenico da essere spesso set.
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