Nel 2018 il carico fiscale sull'automotive è cresciuto dell'1,5%, sino a raggiungere i 76,3 miliardi di euro e raggiungendo in valore il 15,8% delle entrate tributarie nazionali. Lo riferisce l'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (Anfia), sottolineando come tale cifra rappresenti il 4,3% del Pil nazionale, contro una media europea del 3,1%. La quota percentuale del gettito proveniente dal settore automotive sul gettito complessivo calcolato secondo il criterio di cassa, si mantiene leggermente inferiore (15,8%) ai tre anni precedenti, quando si era mantenuta stabile al 16%. "Siamo di fronte al rischio di ulteriori vessazioni in discussione nella Legge di Bilancio 2020 - sottolinea in una nota l'Anfia -, anno cruciale per la transizione verso la mobilità elettrificata".
Paolo Scudieri, Presidente di ANFIA, al riguardo sottolinea: "Il prelievo fiscale derivante dal settore automotive nel 2018 supera i 76 miliardi di euro, segnando un nuovo rialzo nel primo anno di flessione (-3,1%) del mercato delle auto nuove dopo quattro consecutivi in ripresa, seppur con un rallentamento dei ritmi di crescita. Gli introiti derivanti dall'acquisto degli autoveicoli - IVA e IPT - risultano rispettivamente in crescita sul 2017 dello 0,4% e del 2,1%, per effetto combinato di un andamento negativo delle immatricolazioni complessive di autoveicoli (-3,1%) e di un incremento del 4,7% del mercato delle auto usate nell'anno 2018". Il gettito derivante dall'acquisto e dal possesso dell'autoveicolo cresce. Nel primo caso, chiarisce Anfia, dello 0,7%, per un totale di 9,4 miliardi di euro, nel secondo caso del 4,6%, per un ammontare di 6,8 miliardi. Ma è come sempre il gettito derivante dall'utilizzo dell'autoveicolo - sottolinea la nota - a confermarsi la voce di maggior entità, pari al 78,7% del gettito complessivo proveniente dal comparto, per un valore di 60,1 miliardi di euro, in aumento dell'1,3% rispetto al 2017. Concorrono a realizzare una cifra così elevata voci di prelievo fiscale come quelle relative ai carburanti (36,7 miliardi di euro, in crescita del 2,1%), e all'IVA su manutenzione e riparazione, acquisto ricambi, accessori e pneumatici (10,7 miliardi di euro, in aumento del 2,5%).
"Tuttavia, rischiano di abbattersi ulteriori vessazioni - prosegue Scudieri -. Nel Disegno di Legge di Bilancio 2020, infatti, è previsto un innalzamento della tassazione sull'auto aziendale in fringe benefit che, anche se declinata su tecnologie o fasce emissive, è semplicemente una nuova tassa che pagheranno i lavoratori dipendenti e le aziende. Nuova tassa che, a nostro avviso, avrà anche effetti controproducenti in termini ambientali, perché colpisce quella parte del mercato che più supporta lo svecchiamento del parco circolante, oltreché effetti recessivi sul PIL dovuti all'impatto diretto sulle vendite del nuovo e sulla relativa produzione nazionale". "Portare avanti questa misura significherebbe fare un enorme passo indietro - dice ancora Scudieri -, allontanandosi ulteriormente dagli standard europei, considerando che già l'auto aziendale italiana in generale è più penalizzata in termini di detraibilità e di deducibilità: IVA detraibile al 40% contro il 100% degli altri major market europei e un ammortamento ammesso pari a meno di un terzo di quello degli altri Paesi. Non è un caso se nei Paesi europei in cui la fiscalità dell'auto aziendale è più vantaggiosa, l'età media del parco è decisamente più bassa e le tecnologie a zero o a basse emissioni sono più capillarmente diffuse, visto che quello aziendale è il principale canale di immissione sul mercato di queste vetture".