Buon compleanno Fiat 500: una 63enne sempre in gamba, sempre amata da grandi e piccini, e soprattutto arzilla 'nonna' dell'attuale generazione della Cinquecento, ormai proiettata con le varianti ibrida ed elettrica nel futuro.
Soffiando idealmente sulle candeline che decorano la grande torta di alta pasticceria piemontese, e che celebrano la sua nascita il 4 luglio del 1957, si festeggiano anche tanti nomi di progettisti, dirigenti, stilisti e inventori che hanno contribuito alla creazione di questo 'fenomeno'. Un brindisi ideale che coinvolge dunque il grande Dante Giacosa che ha progettato quasi tutte le Fiat prodotte dal 1936 al 1970. O ancora Vittorio Valletta, che ha guidato l'azienda verso i successi del dopoguerra e che ha voluto la 500. E come non ricordare Karl Abarth che già nel 1957 si occupò, come aveva fatto con la 600, di migliorare le prestazioni della 500 dando vita a piccoli bolidi, come la 595 del 1963, che ancora oggi animano le rievocazioni delle gare del passato. Ma ci sono nei faldoni dedicati alla storia della Fiat 500 nomi conosciuti solo da pochi addetti ai lavori, e che eppure hanno contribuito nelle modalità più diverse alla creazione e al successo della 500.
Stupisce, ad esempio, di vedere nel dossier della 500 una cartelletta con la data del 1931 e il nome di Oreste Lardone sormontato da diversi timbri con le diciture 'Segreto' e 'Da Arichiviare'. Lardone, scomparso nel 1961, è stato uno dei già grandi (e meno noti) progettisti italiani del settore, arrivato in Fiat come apprendista a 15 anni e divenuto rapidamente il braccio destro dell'allora capo della direzione tecnica Giulio Cesare Cappa. Ed è proprio con Cappa che Lardone passò nel 1924 alla Itala, dove 4 anni più tardi progettò una rivoluzionaria utilitaria a trazione anteriore che anticipava le TPV très petit voiture di Citroen, poi diventata 2CV. Per la crisi dell'Itala nel 1931 Lardone tornò in Fiat lasciando in molti altri anni di lavoro una importante eredità fatta di ricerche sui bicilindrici raffreddati ad aria che sono alla base del progetto della 500.
Un'altra cartelletta reca la data del 1953 e il nome (scritto con inchiostro e pennino) di Hans Peter Bauhof. E' quello di un giovane ingegnere tedesco che lavorava alla Deutsche-Fiat di Weinsberg (una sorta di centro ricerche avanzato ante litteram) che, appunto nel 1953, fece pervenire alla sede di Torino i disegni di una sua microvettura a due posti, ispirata nel motore posteriore e nella carrozzeria al celebre Maggiolino. Del progetto di Bauhof Giacosa bocciò quasi subito il motore, che era un rumoroso due tempi, troppo assetato di miscela. Il disegno della carrozzeria Made in Germany, però, piacque al numero uno della progettazione di Torino, accompagnato com'era da uno schema tecnico semplificato e quindi perfetto per ottenere i bassi costi di produzione richiesti da Valletta.
Vennero allestiti i primi prototipi via via migliorati nell'aerodinamica e parallelamente iniziò la progettazione del motore. Dopo numerosi sviluppi, tutti basati sullo schema del bicilindrico raffreddato ad aria arriva luce verde alla variante con 2 cilindri paralleli di 479 centimetri cubici e 13 Cv di potenza. La scritta 'motore' si ritrova su un'altra cartelletta inserita nei faldoni di 500. Compare in copertina assieme ai nomi di Carcano Cantoni e Todero. E a quello di Parodi, che una mano anonima ha sottolineato aggiungendo una nota: 'Agnelli!'.
Questo mistero, se così si può definire, ruota appunto tra l'amicizia tra la famiglia Agnelli e quella degli armatori genovesi Parodi e la celebre Casa motociclistica Guzzi, del cui assetto societario dal 1921 fanno parte Emanuele Vittorio Parodi, suo figlio Giorgio e l'amico Carlo Guzzi. Nel 1957, a quattro anni dal debutto della 500, la Guzzi abbandona le corse e i tecnici Giulio Cesare Carcano (il padre del V7 motociclistico), Enrico Cantone e Umberto Todero si interessano - sempre in Guzzi - a nuovi progetti, tra i quali vi è bicilindrico da montare sulla Fiat 500 per far evolvere il modello. Così fra il 1958 e il 1959 dall'ufficio Esperimenti e Studi della Moto Guzzi arriva a Torino un prototipo di bicilindrico a V di 90 gradi. L'alimentazione era affidata ad un Weber doppio corpo 34 DCS e il raffreddamento era ad aria con ventola montata sull'albero motore. La potenza era di 27 Cv il 50% rispetto al motore Fiat originale con una coppia di 32 Nm.
Provato su una Nuova 500 nel 1961 il motore Guzzi permise una velocità massima di 115 km/h. Nel frattempo anche Abarth si era interessato alla 500 sviluppando il modello 595 e alla Guzzi - per distanziare la concorrenza - il motore venne rivisto portando la cilindrata a 594 centimetri cubici e la potenza a 32 Cv. Tuttavia questo 'gioiello' della tecnica rimase allo stato prototipale e lasciando spazio alla stretta collaborazione con Abarth.