Sviluppata un'insulina intelligente che previene le ipoglicemie: battezzata 'i-insulina', si tratta di una versione modificata dell'ormone, in grado di calibrare in modo preciso la quantità di zucchero assorbito dai tessuti, così da abbassare la glicemia fino ai livelli normali, e non oltre.
Si tratta del risultato di un lavoro pubblicato sulla rivista PNAS da esperti dell'Università di Los Angeles.
L'insulina è una terapia essenziale nel diabete di tipo 1, o insulino-dipendente, ed è usata anche in circa il 15-20% delle persone con diabete di tipo 2, la forma insulino-resistente, la più comune. Ma il problema principale di questa 'terapia iniettiva' è che, se la quantità assunta non è corretta, la concentrazione di zucchero nel sangue (glicemia) può scendere troppo e il paziente può andare incontro a pericolose ipoglicemie.
La i-insulina è una versione dell'ormone cui è stato attaccato un inibitore del 'trasportatore di zucchero', molecola che serve ad assorbire lo zucchero nei tessuti togliendolo dal sangue. Quando la glicemia scende troppo, la i-insulina blocca parzialmente il trasportatore, e quindi l'assorbimento dello zucchero dentro le cellule, lasciandolo quindi nel sangue e prevenendo l'ipoglicemia.
"La nostra nuova insulina lavora come una chiave intelligente - spiega l'autore principale del lavoro Zhen Gu, della Samueli School of Engineering dell'Università di Los Angeles. Lascia entrare il glucosio nelle cellule, ma ne previene l'eccessivo assorbimento quando la glicemia ha raggiunto livelli normali".
"Inoltre la i-insulina risponde altrettanto rapidamente a un'iperglicemia - aggiunge Jinqiang Wang, un altro autore - ad esempio subito dopo un pasto".
"Si tratta di una linea di ricerca di estremo interesse - commenta con l'ANSA Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia e ordinario di Medicina Interna all'Università di Catania -. Potenzialmente può rivoluzionare il modo con cui oggi somministriamo la terapia insulinica ai pazienti diabetici che ne hanno bisogno. Con questa tecnica si dota il paziente di una "riserva" insulinica, che verrebbe utilizzata solo quando ha la glicemia elevata, e che invece, man mano che la sua glicemia scende verso livelli normali, diventerebbe meno attiva e quindi meno a rischio di provocare ipoglicemie".
Questo approccio è stato verificato finora solo con esperimenti condotti "in vivo" in un modello animale (topi) con diabete tipo 1, precisa il presidente SID.
"La ricerca in ambito diabetologico sta vivendo un momento di grande fermento, e dalla ricerca ci aspettiamo soluzioni idonee ad affrontare sempre meglio la terapia di questa malattia, purtroppo sempre più frequente", conclude Purrello.