Grazie a una protesi di ultima generazione nell'80% dei pazienti è possibile risolvere il problema della stenosi ureterale, che consiste in una riduzione dell'uretere che determina un ostacolo al fisiologico flusso di urina provocando complicanze quali infezioni, calcolosi, fino all'insufficienza renale.
Stop dunque a interventi chirurgici a cielo aperto contro le ostruzioni ureterali. Una nuova protesi endoscopica, morbida e resistente nel tempo, permette di dilatare la restrizione in tempi brevi e senza rischi, preservando così la funzione dei reni. La rivoluzione per il trattamento della stenosi dell'uretere in modo mini-invasivo arriva con una tecnica innovativa che, attraverso l'utilizzo di protesi autoespandibili e un impegno minimo per il paziente, già registra dati promettenti. Proprio al nuovo dispositivo è dedicato il workshop internazionale urologico che si svolge in questi giorni all'INI, Istituto Neurotraumatologico Italiano di Grottaferrata, alle porte di Roma, al quale partecipano numerosi esperti urologi provenienti da tutto il mondo. L'evento nasce dalla collaborazione tra il Centro di Eccellenza di Urologia dell'INI, responsabile Ferdinando De Marco, e il dipartimento di urologia dell'Università di Roma La Sapienza, in particolare il prof.Gian Piero Ricciuti. Nel Centro INI e dell'Università Sapienza sono state già impiantate circa 100 protesi autoespandibili, con risultati decisamente favorevoli.
"La protesi autoespandibile ha rivoluzionato la storia di patologie che portano all'ostruzione della via escretrice alta e bassa e mettono a rischio la funzionalità renale dei pazienti, con un tipo di chirurgia endoscopica e quindi mini-invasiva e con tempi di degenza operatoria minori di 48 ore - spiega De Marco -. La tecnica nasce in Israele, e in Italia noi registriamo la casistica più ampia di pazienti trattati: da settembre 2016 ad oggi, in un anno, circa un centinaio. Di quelli con stenosi dovuta a calcolosi, l'80% ha risolto il problema". Di solito, chiarisce, "si interviene con intervento chirurgico a cielo aperto oppure si utilizza un drenaggio interno, uno stent ureterale, che però va sostituito nel tempo.
La nuova protesi invece è un'endoprotesi che si autoespande all'interno dell'uretere e lo dilata". Rispetto ai trattamenti convenzionali presenta diverse novità: "Il vantaggio rispetto ad altri stent è che una volta impiantata la protesi non necessita di essere sostituita - sottolinea l'esperto - e quindi il paziente non deve essere sottoposto a continui interventi chirurgici. Per di più, nei casi più semplici, risolve il problema". L'intervento, in anestesia generale o sedazione, dura circa 20 minuti, non ha controindicazioni né da problematiche di rigetto. In ogni caso il paziente deve essere ricontrollato per vedere se la dilatazione del rene che era presente prima è scomparsa. (ANSA).