Una rete solida, un’eccellenza, che ha vissuto due anni drammatici legati alla pandemia, ma reggendo l’onda d’urto. È quella dei trapianti in Italia, così come descritta oggi in un Ansaincontra dal Cnt, Centro nazionale trapianti. Una rete che in piena emergenza sanitaria ha saputo reagire, portando avanti le urgenze, occupandosi dei passaggi alle frontiere di cellule donate in altri Stati a pazienti italiani, recuperando organi in surplus che in altri Paesi non venivano utilizzati per un blocco delle attività per invece impiegarli. Un meccanismo che seppur forzatamente ha dovuto rallentare, non si è mai fermato, neppure nella ricerca e nell’innovazione. Tanto che è stato eseguito in Italia il primo trapianto di utero nel 2020 e proprio nel nostro Paese si è avuta l’intuizione su come si potessero utilizzare gli organi di donatori Covid positivi. “Veniamo fuori - ha spiegato il presidente del Cnt Massimo Cardillo - da 18 mesi drammatici di pandemia e anche il sistema trapianti italiano ha sofferto un calo di attività, però grazie al grande lavoro degli operatori rispetto a ciò che è successo in altre realtà ha retto meglio. Il nostro calo di attività è stato nel 2020 del 10% (per gli organi mentre per le staminali emopoietiche si è registrato un record ndr.) contro diminuzioni molto maggiori registrate in Paesi a noi vicini come la Spagna o la Francia o il Regno Unito. Questo ci dice che la rete trapianti italiana è una rete solida che ha realizzato anche nell’anno della pandemia dei risultati eccellenti: ad esempio è stato fatto il primo trapianto dì utero in Italia. Il nostro è stato il primo Paese al mondo che ha dimostrato che in determinate circostanze si possono utilizzare anche gli organi dei donatori Covid-positivi. Abbiamo fatto un protocollo proprio dedicato a questo, effettuato il primo trapianto dì polmone in un ragazzo che aveva avuto un danno irreversibile a questi organi dovuto al Covid. Quindi la rete trapianti non solo ha retto ma è andata avanti con forza e in sicurezza”. “È evidente - ha aggiunto Cardillo - che c’è ancora da fare un po’ perché tutti ci auguriamo di essere usciti dalla pandemia, non ne siamo certi in modo assoluto. E tra gli obiettivi prioritari vi è riuscire a far capire ai cittadini l’importanza della donazione degli organi. Ancora oggi circa un 30% si oppone e lo fa perché non è stato sufficientemente informato, perché ha paura. Sono percentuali ancora molto alte e possiamo lavorare per abbatterle”.
In collaborazione con:
CNT