Un 'blackout' comunicativo tra medico e paziente, causato spesso dal divario tra il linguaggio specialistico degli addetti ai lavori e quello dei comuni cittadini. E un appello ai medici a fare attenzione a usare parole che possano essere comprese dal paziente che hanno davanti. Se ne è parlato al Cracking cancer forum di Firenze, evento nato per promuovere un progetto di ricerca, dialogo e comunicazione sulla lotta al cancro.
"C'è un rumore comunicativo che ormai avvolge tutta la nostra vita ed è tanto più dannoso perché riguarda temi importanti, come la salute e la sanità" spiega Luca Toschi, ordinario di sociologia all'Università di Firenze e direttore del Center for generative communication. "La matrice fondamentale della questione - afferma sempre Toschi - è il problema comunicativo tra gli esperti e coloro che poi godono di un servizio sanitario". "Troppe volte - sottolinea ancora Toschi - si confonde la correttezza scientifica con la correttezza comunicativa, il linguaggio specialistico serve per parlare ad altri specialisti, ma non ai pazienti e ai loro familiari".
Per questo motivo, i medici "devono usare un linguaggio che permette a chi li ascolta di comprendere". In caso contrario, spesso i pazienti "ricorrono al passaparola tra non professionisti, "vanno sui social, su google", e trovano risposte basate "su un algoritmo che è dettato da interessi commerciali o dai una logica quantitativa, a cui non sempre corrisponde la qualità". Dopo aver cercato in rete poi, il paziente torna dal medico "essendosi già fatto un'idea sulla rete, facendo un racconto che spesso contiene già la diagnosi e la terapia".
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