RICCIONE (RIMINI) - L'ictus è la terza causa di decessi nei paesi occidentali. Ma potrebbe essere curata se inserita in un contesto di tempestivo monitoraggio e cura. Una rete dell'ictus. Un approccio che in alcune aree di Italia è già una realtà. Ma, purtroppo, sono ancora ampie le sproporzioni sui territori.
"Il problema dell'ictus nella fase acuta - ha spiegato Luca Valvassori, neuroradiologo e vice presidente Sno, a margine del Congresso nazionale della società in corso a Riccione - è che il tempo per agire è molto breve, prima che si instaurino dei danni definitivi e irreversibili. Negli ultimi anni sono state sviluppate metodiche molto efficaci nelle prime ore, quindi gran parte del dibattito odierno verte appunto su come riuscire a far arrivare i malati in centri attrezzati in maniera tempestiva".
In questo, ha spiegato Valvassori, entrano in gioco molti fattori: da quello organizzativo in senso stretto, al piano culturale fino, alla politica sanitaria. "Solo mettendo insieme tutti i fattori, e lavorando su quelli, potremo ottenere ciò che molti altri paesi europei hanno già ottenuto, ovvero una rete ictus efficiente. Che vuol dire - ha aggiunto - poter guarire le persone dall'ictus o poter avere esiti molto meno gravi, quindi persone ancora autonome, con un risparmio economico straordinario per il Paese".
I costi collettivi dell'ictus sono infatti valutati, spiega il vicepresidente Sno, in 3,7 miliardi di euro, ovvero il 4 per cento della spesa sanitaria nazionale: un terzo è rappresentato dalle spese di trattamento nella fase acuta, gli altri due terzi sono costi generati dalla disabilità. E a questi si aggiungono i costi a carico delle famiglie, anche questi molto alti.
Per Valvassori ci sono due livelli su cui agire: "Potenziare il numero e l'efficienza delle cosiddette Stroke Unit, reparti specializzati nella cura dell'ictus, e garantire al maggior numero possibile di pazienti i due trattamenti sicuramente efficaci nelle prime ore: ovvero, il trattamento fibrinolitico per via venosa (un farmaco che ha lo scopo di "sciogliere" il trombo e restaurare il flusso cerebrale) e il trattamento di trombectomia meccanica, che sempre di più rappresenta la nuova frontiera del trattamento dell'ictus".
E dire che, secondo il neuroradiologo, non sarebbe per nulla difficile o costoso realizzare questo tipo di interventi "ma al momento manca proprio l'intenzione e, dal nostro punto di vista, mancano gli interlocutori istituzionali che si facciano carico di risolvere i problemi. Molto spesso è tutto lasciato alle iniziative dei singoli centri: ma questo oggi non è più possibile".
In collaborazione con:
SNO - Società dei Neurologi Neurochirurghi e Neuroradiologi Ospedalieri