Insulti e minacce su social network o sulle chat sono i più comuni atti cyberbullismo, di cui ben il 31% dei tredicenni è stato vittima almeno una volta, mentre il 56% dichiara di avere amici che lo hanno subìto. Ma nell'85% dei casi questi episodi non arrivano a conoscenza degli adulti. Lo dicono i risultati dell'Indagine "Abitudini e stili di vita degli adolescenti" condotta dalla Società Italiana di Pediatria (Sip) su un campione di 2.107 studenti delle scuole secondarie di primo grado. I dati sono stati presentati agli Stati Generali della Pediatria organizzati presso dalla Sip e dalla Polizia di Stato in occasione della Giornata Mondiale del Bambino e dell'Adolescente. Le persecuzioni online viaggiano nel 39,4% sui social network, nel 38,9% sulle chat, ma anche via sms (29,8%). Nel 15% si arriva alla pubblicazione di foto o filmati e nel 12,1% dalla creazione di profili falsi su Facebook. Un fenomeno sempre più diffuso ma sempre più sommerso. Oltre la metà delle vittime dice di "difendersi da soli" (60% dei maschi e 49% delle femmine).
Solo il 16,8% delle vittime ha informato un adulto, il 14,2% ne ha parlato con un amico, l'11,7% subisce senza fare niente. Una minima parte, il 3,2% arriva a denunciarlo alla polizia postale.
Il cyberbullismo è "un problema di salute pubblica internazionale", dice il presidente della Sip Giovanni Corsello.
Tra le conseguenze del "anche sindromi depressive, ansia, sintomi somatici, ed una maggiore propensione all'uso di droghe e comportamenti devianti". L'unica arma, la prevenzione. Di qui la firma davanti agli studenti delle scuole di un protocollo d'intesa tra Sip e Polizia di Stato per contrastare il cyberbullismo.