Hanno orbite così regolari da suggerire una danza, un valzer cosmico dal ritmo sempre uguale probabilmente da quattro miliardi di anni: per questo il sistema di sei pianeti scoperto nella Chioma di Berenice, a 100 anni luce della Terra, ha sorpreso gli astronomi e lascia fantasticare che su questi pianeti, poco più grandi del nostro e relativamente vicini a una stella più debole del Sole, possano esserci le condizioni per ospitare forme di vita. Pubblicata sulla rivista Nature, la scoperta è il risultato di un grande gioco di squadra, con telescopi spaziali che hanno lavorato coni telescopi basati a Terra e decine di ricercatori. L'Italia ha collaborato con gli osservatori dell'Istituto Nazionale di Astrofisica a Padova, Pino Torinese e Catania, l'Università di Padova e l'industria, con Leonardo. Sono infatti italiani gli 'occhi' del telescopio spaziale Cheops dell'Agenzia Spaziale Europa, progettato e costruito da Leonardo a Campi Bisenzio (Firenze). Dopo che nel 2020 il telescopio spaziale Tess della Nasa aveva visto le variazioni della luminosità della stella, dal 2022 Cheops ha cominciato a rilevare le prime misure. "E' un telescopio molto piccolo e preciso, in grado di misurare anche piccoli pianeti che transitano davanti a stelle relativamente deboli", ha detto uno degli autori della ricerca, l'astronomo Roberto Ragazzoni, dell'Università di Padova e direttore dell'osservatorio di Padova dell'Inaf.
Il transito dei pianeti davanti al disco della loro stella è la tecnica ha permesso di scoprire il nuovo sistema planetario. Il sistema planetario appena scoperto ruota intorno alla stella chiamata HD 110067, la più brillante finora scoperta ad avere un sistema di oltre quattro esopianeti. Per gli astronomi la scoperta è una miniera di dati, utili a capire la formazione dei sistemi planetari, come ha detto il coordinatore dello studio, Rafael Luque dell'Università di Chicago, nella conferenza stampa online organizzata da Nature. "E' una configurazione orbitale molto rara", ha aggiunto, nella quale le orbite sono sullo stesso piano, con un'inclinazione molto piccola: sono pianeti molto bene molto allineati". Per un altro autore della ricerca, Enric Palle dell'Istituto di Astrofisica delle Canarie, "i sei pianeti non sono simili alla Terra. Probabilmente hanno un nucleo roccioso, ma non ne conosciamo la composizione. Sono probabilmente caldi, considerando che sono relativamente vicini alla loro stella".
Il raggio di tutti e sei i pianeti è compreso fra quello della Terra e quello di Nettuno. per questo sono chiamati sub-nettuniani. Pianeti di questo tipo sono finora i più comuni fra gli oltre 5.000 finora scoperti fuori dal Sistema Solare. La grande novità è che i sei pianeti "sono fra loro in risonanza, cioè hanno orbite con rapporti semplici fra loro", ha detto Ragazzoni, e questo "fa sì che il sistema sia molto stabile. Quando si era formato era già così come lo abbiamo visto adesso", ha aggiunto. Questa grande stabilità significa che "si avrebbero a disposizione tutti climi possibili e le possibili gradazioni di possibilità di avere la vita su alcuni di essi. Se si andasse a cercare la vita in un altro sistema planetario, si andrebbe lì". Questo, ha detto, "non significa che ci sia alcuna evidenza che ci sia vita, ma solo che la stabilità è una delle condizioni necessarie perché si sviluppi la vita". La ricerca naturalmente va avanti con l'analisi dei dati e nuove osservazioni. Un grande aiuto è atteso dal prossimo telescopio spaziale dell'Esa, Plato, con strumenti costruiti in Italia e il cui lancio è previsto nel 2026. "Con Plato vogliamo scoprire pianeti intorno a stelle simili al Sole", ha detto Ragazzoni. Grandi attese anche da Ariel, il telescopio spaziale che l'Esa si prepara a lanciare nel 2029 e specializzato nell'osservare l'atmosfera dei pianti esterni al Sistema Solare. "Visiterà senz'altro i sei pianeti appena scoperti e nel frattempo anche il telescopio spaziale Webb potrà osservarli".
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