L'intelligenza artificiale ha imparato a progettare cellule che non esistono in natura: dopo i supercomputer, è la nuova alleata della biologia sintetica, cui promette di mettere il turbo nella riprogettazione di sistemi viventi come lieviti e batteri per numerose applicazioni, dalla produzione di farmaci a quella di biocarburanti. Lo dimostrano due studi pubblicati su Nature Communications dai ricercatori del Lawrence Berkeley National Laboratory negli Stati Uniti.
Il loro nuovo algoritmo, chiamato Automated Recommendation Tool (Art), è in grado di prevedere (dopo un minimo addestramento) come certe modifiche del Dna o dei processi biochimici di una cellula possono cambiarne il comportamento, guidando così la sua ingegnerizzazione. "Le possibilità sono rivoluzionarie", spiega il coordinatore dello studio, Hector Garcia Martin. "Ora la bioingegneria è un processo molto lento: sono serviti anni per creare il farmaco antimalarico artemisinina. Se invece sei in grado di creare nuove cellule per un'indicazione specifica in un paio di settimane o mesi, puoi davvero stravolgere quello che puoi fare con la bioingegneria".
Per dimostrare l'utilità del sistema Art, i ricercatori lo hanno usato per ritoccare il metabolismo del lievito e aumentare la sua produzione dell'amminoacido triptofano. In particolare, hanno selezionato cinque geni, ciascuno dei quali controllato da altri geni o meccanismi regolatori, per un totale di quasi 8.000 possibili combinazioni. Grazie alla collaborazione con l'Università tecnica della Danimarca, hanno ottenuto dati sperimentali relativi a 250 combinazioni (pari al 3% di quelle possibili) che sono stati usati per addestrare l'intelligenza artificiale: così l'algoritmo ha imparato quale amminoacido viene prodotto in base ai geni accesi nella cellula. Usando un procedimento statistico, l'algoritmo ha poi dedotto come le restanti 7.000 e più combinazioni possono influire sulla produzione di triptofano, indicando la strada per aumentarla fino al 106%.
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