Batteri biotech modificati in laboratorio arruolati come ‘sentinelle’ contro inquinanti e altri composti nocivi: è la nuova frontiera dei biosensori elettrici, costituiti da microrganismi incapsulati, quindi non rilasciati liberi nell’ambiente, ma in grado di lanciare in tempo reale impulsi elettrici quando entrano in contatto con la sostanza da monitorare. Sono stati messi a punto da un gruppo di ricercatori guidato dalla statunitense Rice University, che ha
pubblicato i risultati ottenuti sulla rivista Nature. Le possibili applicazioni sono moltissime, dal controllo negli impianti di depurazione delle acque al monitoraggio del microbioma intestinale, dalla sorveglianza in fiumi e fattorie al rilevamento di virus nell’ambiente.
Le informazioni ambientali comunicate da questi batteri possono essere personalizzate sostituendo una singola proteina all’interno di una catena composta da otto molecole, che permettono il passaggio degli elettroni e quindi la generazione del segnale elettrico. “Penso che sia la catena proteica per la segnalazione in tempo reale più complessa che sia stata costruita fino ad oggi”, commenta Jonathan Silberg, uno degli autori dello studio. “Immaginate un filo sul quale devono transitare gli elettroni: noi abbiamo spezzato quel filo nel mezzo – spiega Silberg – e solo quando la molecola bersaglio viene rilevata le due metà si ricongiungono, consentendo il passaggio dell’impulso elettrico”.
I ricercatori, guidati da Josh Atkinson e Lin Su, hanno utilizzato come banco di prova il noto batterio Escherichia coli, mettendolo in grado di riconoscere la presenza di tiosolfato, una sostanza usata nel trattamento delle acque e che può causare dannose fioriture algali: i risultati mostrano che i batteri biotech sono in grado di rilevare rapidamente concentrazioni anche estremamente basse di questo composto, molto inferiori rispetto ai livelli che sono tossici per i pesci, e fino a dieci volte più velocemente dei sensori tradizionali.
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