Da un lato i giganteschi reattori dalla caratteristica forma che ricorda una ciambella, dall'altro le strutture più agili che utilizzano dei potenti fasci laser: sono le due strade che da decenni stanno procedendo di pari passo per riuscire a produrre energia imitando il processo che avviene nel cuore delle stelle. Dagli anni '90 in poi, ogni Paese ha fatto le sue scelte in materia. C'è chi, come l'Unione Europea, ha puntato sui reattori a confinamento magnetico come Iter, frutto di un vasto progetto internazionale e di investimenti altrettanto importanti e in fase di costruzione nel Sud della Francia; gli Stati Uniti hanno invece puntato sulla tecnologia del confinamento inerziale che utilizza i laser, con la struttura National Ignition Facility presso il Lawrence Livermore National Laboratory, la stessa che ha ottenuto il risultato che il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si prepara ad annunciare domani. Tutte e due le strade della fusione nucleare hanno comunque raggiunto dei traguardi importanti. Nel febbraio scorso il confinamento magnetico ha segnato un punto a suo favore con Jet (Joint European Torus), il pioniere dei reattori sperimentali che ha generato energia pari a 59 milioni di joule (l'equivalente di 11 megawatt) per 5 secondi: un risultato straordinario, considerando che fino a quel momento la produzione di energia da fusione nucleare era durata appena poche frazioni di secondo. La macchina aveva ottenuto il primo risultato importante 25 anni fa e nel tempo è stata modificata fino a renderla una versione in miniatura di Iter. Nell'Unione Europea è il consorzio EuroFusion a indirizzare la ricerca sulla fusione, con una preponderanza di progetti relativi al confinamento magnetico, come Iter e Demo (Demonstration Fusion Power Reactor), la prima centrale a fusione che potrebbe essere realizzata in 30 anni; ci sono anche progetti sul confinamento inerziale, il cui finanziamento complessivo non arriva però al milione di euro. Sono molti anche i Paesi che, pur privilegiando una delle due tecnologie, hanno scelto di lasciare uno spiraglio aperto all'altra, osserva Fabrizio Consoli, responsabile del laser per la fusione Abc dell'Enea. "Accade, per esempio, in Francia: nel Paese che ospita il reattore Iter esiste anche un grandissimo impianto chiamato Laser MegaJoule, impianti simili si trovano in Giappone, Cina e in Russia, ma - aggiunge - si contano sulla punta dele dita". Anche l'Italia ha fatto le sue scelte sulla fusione nucleare, per esempio ospitando il grande polo scientifico e tecnologico per la ricerca sulla fusione nucleare Dtt (Divertor Tokamak Test), da 500 milioni di euro, la cui realizzazione è prevista presso il centro di ricerca dell'Enea a Frascati. E' ancora l'Enea, però, ad avere avuto un ruolo pionieristico nella ricerca sui laser per la fusione nucleare, dando vita negli anni '80 alla realizzazione dell'impianto Abc, ancora attivo.
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