La matematica può aiutare a pianificare la costruzione di dighe sempre più sostenibili, minimizzandone l’impatto ambientale senza compromettere la generazione di energia e la produzione di cibo: lo dimostra la ricerca vincitrice della sesta edizione del Premio Aspen Institute Italia per la collaborazione e la ricerca scientifica tra Italia e Stati Uniti.
Il riconoscimento, assegnato nel corso di una cerimonia in modalità digitale, va ai ricercatori Rafael J.P. Schmitt, Simone Bizzi, Andrea Castelletti e G. Mathias Kondolf, che hanno condotto lo studio tra Politecnico di Milano, Università della California a Berkeley, Stanford University e Università di Padova.
“Siamo molto onorati di ricevere questo riconoscimento - afferma Andrea Castelletti, professore ordinario di Gestione delle risorse naturali al Politecnico di Milano – in primo luogo perché non valuta soltanto il merito scientifico della nostra ricerca, ma ne riconosce anche l’impatto sociale, poi perché ha una dimensione internazionale e valorizza la connessione che il nostro gruppo di ricerca ha da anni con colleghi all’estero e soprattutto negli Stati Uniti”.
La scintilla che fa scoccare queste collaborazioni è sempre la curiosità dei ricercatori: nel caso dello studio premiato dall’Aspen Institute, si è cercato un modo per coniugare la conoscenza dei processi fisici dei fiumi con l’esperienza accumulata al Politecnico di Milano nel campo della modellistica matematica applicata alla gestione delle risorse idriche. Si è così giunti a sviluppare un modello matematico che permette di valutare l’impatto su larga scala determinato dalla costruzione delle dighe.
Lo sviluppo idroelettrico dei grandi bacini fluviali è un elemento centrale per lo sviluppo economico e sociale in molti Paesi: le grandi dighe nel mondo generano circa un sesto dell'energia elettrica consumata e irrigano un settimo dei campi agricoli. Allo stesso tempo, però, alterano in modo significativo il sistema naturale dei processi fluviali perché ne modificano l'idrologia, ostacolano il trasporto dei sedimenti e frammentano l’ecosistema danneggiando, a volte irreparabilmente, l’equilibrio ecologico.
“La sostenibilità delle dighe dipende da molti aspetti: noi ci siamo concentrati sui sedimenti, valutando come la posizione delle dighe possa influire sulle tonnellate di sedimenti che arrivano al delta”, spiega Castelletti. Lo studio è stato condotto sul fiume Mekong, dove nei prossimi anni è previsto un forte sviluppo idroelettrico.
La situazione attuale genera il 54% dell’energia idroelettrica pianificata, riducendo la sabbia verso il delta del 91% rispetto ad una situazione senza dighe. Adottando un approccio strategico alla pianificazione per decidere dove costruire dighe e di che dimensione, sarebbe stato possibile produrre il 68% dell’energia pianificata riducendo il trasporto di sabbia solo del 21%.
“La rilevanza di questi risultati apre importanti spazi di discussione per la pianificazione delle 3.700 grandi dighe che sono in attesa di costruzione nel mondo, soprattutto nel sud-est asiatico, lungo il Rio delle Amazzoni e i fiumi africani”, precisa Castelletti. “Intanto la nostra ricerca continua, per aggiungere nuovi elementi che consentano al modello matematico di valutare per esempio l’impatto delle dighe in termini di emissioni di gas serra”.
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