Il prossimo supercontinente destinato a cambiare la faccia della Terra, denominato 'Amasia', nascerà entro 300 milioni di anni dall'unione di America e Asia per effetto della chiusura dell'oceano più antico, il Pacifico: la crosta sotto gli oceani più giovani, come l'Atlantico e l'Indiano, è infatti più spessa e robusta e ha meno probabilità di sprofondare nel mantello terrestre. Lo indica una simulazione realizzata con un supercomputer dai ricercatori della Curtin University in Australia. I risultati sono pubblicati su National Science Review.
“Negli ultimi due miliardi di anni, i continenti della Terra si sono scontrati per formare un supercontinente ogni 600 milioni di anni: ciò significa che gli attuali continenti dovrebbero riunirsi di nuovo tra un paio di centinaia di milioni di anni", spiega il primo autore dello studio, Chuan Huang.
La prossima tappa del cosiddetto 'ciclo dei supercontinenti' potrebbe essere Amasia, la cui formazione era già stata prevista da un'altra simulazione pubblicata dieci anni fa su Nature dai ricercatori di Yale. Secondo i nuovi dati ottenuti con l'ausilio di un supercomputer, è il Pacifico l’oceano destinato a scomparire e non l’Atlantico né quello Indiano. Anche l'Australia giocherà un ruolo importante, entrando prima in collisione con l'Eurasia e poi connettendola con l'America una volta che il Pacifico si sarà chiuso su se stesso. Il processo di restringimento dell’oceano, iniziato al tempo dei dinosauri, sta tuttora avanzando di diversi centimetri all'anno.
“Quando si formerà Amasia la Terra sarà molto diversa da come la conosciamo oggi", sottolinea il co-autore dello studio Zheng-Xiang Li. "Il livello del mare dovrebbe essere più basso e il vasto interno del supercontinente sarà molto arido con escursioni termiche giornaliere elevate. Attualmente, la Terra è composta da sette continenti con ecosistemi e culture umane molto diversi, quindi è affascinante pensare a come potrebbe essere il mondo tra 200-300 milioni di anni”.
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