Non dimenticare la scienza nei programmi elettorali: è questo l'invito contenuto in una lettera inviata a tutti i leader politici, in vista delle elezioni, da un gruppo di scienziati di livello internazionale, fra i quali molti membri dell'Accademia dei Lincei. Tra i firmatari il Nobel Giorgio Parisi, vicepresidente dei Lincei, e fisici Ugo Amaldi, il presidente della Fondazione Tera, Luciano Maiani della Sapienza Università di Roma, e Lucia Votano dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Alcuni dei firmatari sono anche i promotori del Programma quinquennale della ricerca proposto recentemente e rivolto al mondo politico.
"Siamo un gruppo di scienziate, scienziati e manager della scienza che ritiene che il futuro del nostro Paese dipenda in modo rilevante dalla qualità, dalla quantità e dalla capacità di programmare la ricerca scientifica e con essa il futuro e il ruolo delle università e degli enti di ricerca", si legge nella lettera, inviata anche alle Commissioni Cultura di Camera e Senato. Tra i firmatari ci sono anche gli immunologi Alberto Mantovani della Humanitas University di Milano e Angela Santoni della Sapienza, la bioeticista Cinzia Caporale, del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr).
"I fondi del Pnrr hanno dato al nostro Paese una grande opportunità: per la prima volta da decenni ci sono per la ricerca pubblica fondi, progetti organico e tempi certi per la loro realizzazione", osservano i firmatari della lettera, osservando che "Ciò avvicina l'Italia a Francia e Germania e fa immaginare un futuro per la nostra ricerca, anche considerando che i nostri scienziati hanno una produttività di lavori eccellenti più alta rispetto a quella degli altri Paesi". I ricercatori si chiedono, però, "una volta terminati i fondi del Pnrr cosa succederà? Che fine faranno i progetti iniziati? Come saranno finanziate, nel frattempo e successivamente, le ricerche non considerate dal Pnnr?"
Adesso, si legge ancora nella lettera, "per dare continuità a quanto abbiamo costruito è fondamentale immaginare il futuro. Un'attività propria della politica" e "per offrire alla politica un progetto realistico è stato elaborato un piano dettagliato nei contenuti e nelle coperture finanziarie", aggiungono i firmatari riferendosi alla proposta del Piano quinquennale per la ricerca. "Su di esso - aggiungono - speriamo possa esserci una larga convergenza" e e concludono invitando i politici a "esaminarlo e a parlarne durante la campagna elettorale, perché il futuro dell'Italia si gioca sulla scienza"
Amaldi, per la ricerca sono necessari 10,4 miliardi fino al 2027
Tre miliardi di euro nel triennio 2023-2025, 3,1 nel 2026 e 4,3 nel 2027, per un totale di 10,4 miliardi: "È quanto chiediamo ai politici di investire nella scienza ed è questo il motivo per cui facciamo appello a tutta la classe politica e ai partiti del prossimo governo perché nei loro programmi non dimentichino la ricerca": lo ha detto all'ANSA il fisico Ugo Amaldi, uno dei firmatari della lettera inviata alle forze politiche da 14 scienziati, fra i quali il Nobel Giorgio Parisi alcuni accademici dei Lincei e gli altri autori del Piano quinquennale della ricerca, accessibile sul sito dei Lincei.
"Sappiamo tutti che in questo momento l'Italia si trova ad affrontare problemi enormi, che riguardano tutta la popolazione e il futuro del Paese", ha detto Amaldi all'ANSA indicando fra le priorità la crisi climatica e quella del gas, la guerra in Ucraina e l'inflazione. "Tuttavia siamo convinti - ha rilevato - che, anche in momenti di gravi crisi, una politica saggia debba essere lungimirante e preoccuparsi di quanto accadrà tra 10-20 anni ai giovani, all' innovazione e al futuro, specie se gli investimenti sono esigui rispetto alle altre tante spese che la situazione di crisi richiede".
Ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che finiscono nel 2028 e ormai assegnati e congelati, secondo Amaldi si tratta di aggiungere nella prossima legislatura 10,4 miliardi per fare in modo da confermare e rendere strutturale nel bilancio dello Stato l'aumento, portando allo 0,75% del Pil la percentuale degli investimenti in ricerca pubblica.
La lettera inviata ai partiti da alcuni fra i più brillanti scienziati italiani è l'appello più recente di una lunga serie, iniziata nel 2020 dal gruppo dei 14, a seguito della proposta fatta dallo stesso Amaldi e dal fisico Luciano Majani. Anche allora l'obiettivo era portare il finanziamento per la ricerca in Italia proprio allo 0,75%, ha detto Amaldi. "Se dopo il Pnrr non si continuerà a investire nella ricerca, si rischia di tornare ai livello del 2011", quando si superava appena lo 0,50% del Pil. "Abbiamo davanti a noi cinque anni per realizzare questa proposta" e le azioni sono quelle indicate nel Piano quinquennale per la ricerca. Con quelle risorse si potrà aumentare il numero di ricercatori, dando loro sicurezza per futuro e strumentazioni adeguate, finanziare solo progetti di qualità e rendere più meritocratici i criteri di assegnazione dei fondi.
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