Dai vaccini alla comunicazione, dalla fiducia dei cittadini alle fake news, è pronto il piano per uscire definitivamente dalla pandemia da Covid-19: messo a punto da quasi 400 esperti provenienti da 112 Paesi di tutto il mondo, potrebbe portarci fuori dall’emergenza globale se implementato nei prossimi mesi. Le 57 raccomandazioni,
pubblicate sulla rivista Nature, sono divise in sei aree di intervento principali: comunicazione, sistemi sanitari, vaccinazione, prevenzione, trattamento e disuguaglianze. L’enorme studio è stato guidato dall’Istituto per la Salute Globale di Barcellona e ha visto anche la partecipazione dell’Italia, con l’Università di Cassino e l’Università Cattolica di Roma.
Dopo 630 milioni di casi e 6,5 milioni di morti confermate nel mondo, sebbene il bilancio reale sia stato stimato in oltre 20 milioni, SARS-CoV-2 continua a circolare accumulando nuove mutazioni. Senza contare i milioni di pazienti affetti da altre malattie croniche che hanno subito pericolosi ritardi nell’assistenza sanitaria ed i sintomi del cosiddetto Long Covid, che continua a eludere le cure. La risposta del mondo a Covid-19 è stata ostacolata anche da fattori politici e sociali, come la diffusione di informazioni false e i dubbi sui vaccini. “Ogni Paese ha risposto in modo diverso, e spesso inadeguato”, commenta Jeffrey Lazarus che ha guidato lo studio, “anche a causa di una grave mancanza di coordinamento e di obiettivi chiari”.
Per sviluppare un consenso globale su come affrontare questi problemi in futuro, i 386 ricercatori si sono impegnati in vaste consultazioni, che hanno portato ad una lista di 57 raccomandazioni. Tra quelle che hanno ottenuto i punteggi più alti ci sono: l’adozione di strategie che coinvolgano l’intera società, con un approccio multi-disciplinare, il coordinamento tra i vari ministeri a livello dei singoli governi e l’adozione su larga scala dei vaccini insieme ad altre misure di prevenzione. Altre raccomandazioni che hanno raggiunto almeno il 99% del consenso includono una comunicazione efficace, la ricostruzione della fiducia pubblica e il coinvolgimento della comunità.
Solo sei indicazioni, invece, hanno avuto più del 5% di disaccordo, tra cui l’utilizzo di ulteriori incentivi economici per vincere l’esitazione sui vaccini e le diagnosi basate solo sui sintomi in contesti con scarso accesso a test diagnostici più affidabili. “Il nostro studio fa eco ad alcune raccomandazioni precedenti, ma ciò che rende unico questo lavoro è il grandissimo numero di esperti consultati e l'ampia rappresentanza geografica”, afferma Lazarus. “Potrebbe rivelarsi un modello per lo sviluppo di risposte anche alle future emergenze sanitarie globali”.
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