Le ultime 'lacrime' di una stella divorata da un buco nero un milione di volte più massiccio del Sole hanno permesso di calcolare la velocità di rotazione del 'mostro' cosmico, pari alla metà di quella della luce. E' accaduto nel centro di una galassia distante 300 milioni di anni luce. Pubblicato sulla rivsta Science, il risultato si deve al gruppo del Massachusetts Institute of Technology (Mit) guidato da Dheeraj Pasham, e parla anche italiano, con Alessia Franchini e Giuseppe Lodato, dell'Università Statale di Milano.
I ricercatori hanno analizzato il segnale osservato il 22 novembre 2014, chiamato Asassn-14li, emesso dal buco nero mentre divorava una stella passata troppo vicino. Il 'pasto' ha generato una raffica di emissioni di raggi X. Analizzando le osservazioni dei telescopi spaziali XMM-Newton dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), Chandra e Swift della Nasa, i ricercatori hanno scoperto un impulso di raggi X intenso, stabile e periodico.
La stella divorata dal buco nero in una delle immagini riprese dal telescopio spaziale europeo Xmm-Newton (fonte: ESA/XMM-Newton)
Il segnale è durato almeno 450 giorni e la sua luminosità svaniva periodicamente ogni 131 secondi. "Un segnale così luminoso, stabile per così tanto tempo, non è mai stato visto prima in prossimità di un buco nero", ha detto Franchini. "Arriva - ha proseguito - da un'area vicina all'orizzonte degli eventi del buco nero, il punto oltre il quale non possiamo osservare nulla perché la gravità è così forte che nemmeno la luce può sfuggire".
Combinando queste informazioni con quelle su massa e dimensione del buco nero, gli astronomi hanno scoperto che la velocità con cui il buco nero ruota sul suo asse è pari alla metà di quella della luce. "Non è superveloce", ha rilevato Pasham, perché ci sono buchi neri che ruotano quasi alla velocità della luce. Ma è la prima volta - ha aggiunto - che si è riusciti a usare un segnale come Asassn-14li "per calcolare la rotazione di un buco nero supermassivo". Si pensa che questi mostruosi corpi celesti si nascondano al centro di tutte le galassie massive e conoscerli meglio potrebbe essere la chiave per comprendere come le galassie si evolvono nel tempo.
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