Venere mostra i segni di un'attività geologica che potrebbe essere simile a quella della Terra. Obiettivo di tre future missioni dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) e della Nasa, il pianeta potrebbe essere ancora geologicamente attivo. Lo indica lo studio pubblicato sulla rivista dell’Accademia Nazionale delle Scienze Americana (Pnas) dai ricercatori dell’Università statale americana della Carolina del Nord, coordinati da Paul Byrne.
Lo studio è basato su una nuova analisi della superficie di Venere, attraverso immagini radar di precedenti missioni della Nasa, le sonde Magellan, e su simulazioni al computer. La mappa delle estese pianure venusiane mostra prove di movimenti tettonici: grandi blocchi della crosta del pianeta sembrano essersi mossi, ad esempio urtandosi l’uno contro l’altro, come pezzi rotti di una banchisa di ghiaccio. Un risultato importante, spiegano gli autori dello studio, perché Venere è stato a lungo considerato un pianeta con un guscio esterno solido, la litosfera, immobile come Marte o la Luna. “Abbiamo identificato su Venere un modello di deformazione tettonica non riconosciuto in precedenza, guidato dal movimento interno del pianeta”, ha detto Byrne.
Capire le caratteristiche geologiche di Venere, spiegano gli studiosi, potrebbe fornire preziose informazioni anche sulla Terra primordiale. Maggiori informazioni sull’attività geologica del pianeta e sulla sua evoluzione potranno arrivare dalle prossime missioni in programma all’inizio del prossimo decennio, nelle quali anche l’Italia ha un ruolo da protagonista. Si tratta delle missioni Nasa Veritas (Venus emissivity, radio science, insar, topography, and spectroscopy) e Davinci+ (Deep atmosphere Venus investigation of noble gases, chemistry, and Imaging), e dell’europea EnVision dell’Esa.
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