Se la superficie di Venere, con i suoi oltre 400 gradi, è decisamente troppo calda per permettere la vita, lo stesso non si può dire della sua atmosfera: tra i 48 ed i 60 chilometri di altitudine, infatti, le condizioni sono più temperate e consentirebbero l’esistenza di organismi viventi. Loindica lo studio
pubblicato sulla rivista dell’Accademia americana delle Scienze, Pnas, e guidato dal Massachusetts Institute of Technology. La ricerca smentisce l’idea che le elevate concentrazioni di acido solforico presenti nell’atmosfera venusiana siano letali e dimostra che i mattoncini del Dna riescono a sopravvivere anche in tali condizioni estreme, ampliando così la gamma di ambienti potenzialmente abitabili conosciuti.
L'atmosfera di Venere è costituita principalmente da anidride carbonica ed è molto più densa di quella terrestre: queste caratteristiche creano un impressionante effetto serra che rende questo vicino della Terra il pianeta più caldo del Sistema Solare, nonostante sia due volte più distante dalla nostra Stella rispetto a Mercurio. Ma non è tutto: Venere è avvolto anche da uno spesso strato di nubi altamente riflettenti composte principalmente di acido solforico, che si riteneva distruttivo per tutte le molecole biochimiche.
I ricercatori guidati da Sara Seager hanno dimostrato che non è così: hanno infatti simulato in laboratorio le difficilissime condizioni che si ritrovano nelle nuvole venusiane, analizzando il comportamento delle basi azotate di Dna ed Rna (adenina, citosina, guanina, timina ed uracile), cioè quelle che formano i gradini della ‘scala a chiocciola’ del Dna. Gli autori dello studio hanno così scoperto che queste molecole rimanevano stabili sia dopo 24 ore che dopo 2 settimane. Quindi, sebbene la ‘spina dorsale’ del Dna venga degradata dall’acido solforico, la sopravvivenza delle basi suggerisce che potrebbe esistere una struttura alternativa stabile anche in condizioni così estreme, permettendo il passaggio di informazioni genetiche.
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