Le due esplosioni che mercoledì pomeriggio alle 16:46 hanno scosso lo Stromboli "sono tra le più forti mai registrate da quanto è attivo il sistema di monitoraggio del vulcano, cioè dal 1985". Il fenomeno “si può considerare sostanzialmente concluso”, ma non è possibile prevedere se ci saranno delle repliche perché non esistono segnali precursori che annunciano questi eventi. A dirlo è il direttore dell'Osservatorio Etneo dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Eugenio Privitera.
Simili attività definite 'parossistiche' erano state registrate nel 2003 e 2007: "sono fenomeni abbastanza rari, perché lo Stromboli è caratterizzato da un'attività continua ma a bassa energia".
"Le due forti esplosioni principali si sono verificate a distanza di poche decine di secondi l'una dall'altra", aggiunge Privitera. Come specifica una nota dell'Ingv, hanno interessato l'area centro-meridionale della terrazza craterica dello Stromboli e sono state precedute "da trabocchi lavici da tutte le bocche attive della terrazza craterica".
Le esplosioni, continua Privitera, "hanno dato luogo alla formazione di una colonna eruttiva che si è alzata per circa 2 chilometri sopra i crateri" e che poi si è dispersa in direzione sud-ovest. "C'è stata anche una ricaduta di prodotti lungo i fianchi del vulcano che hanno generato numerosi incendi". Il fenomeno "è stato accompagnato da numerosi segnali geofisici, sia dal punto di vista sismico che di deformazione del suolo", ricorda il direttore dell'Osservatorio Etneo. Dal tracciato sismico, infatti, è possibile riconoscere circa 20 eventi esplosivi minori oltre ai due eventi maggiori.
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