Nel 2100 la popolazione mondiale potrebbe aumentare di circa tre miliardi e mezzo, arrivando così quasi a 11 miliardi, con un peso notevole in termini di impatto sull'ambiente che attualmente viene calcolato in circa il 30% delle emissioni. E' questo lo scenario presentato oggi a Roma, nel convegno su popolazione e ambiente organizzato dall'Accademia dei Lincei.
"Nei prossimi decenni dovremo affrontare il problema di come conciliare la crescita della popolazione con la limitazione dell'estensione del pianeta", ha detto il demografo Massimo Livi Bacci, dell'Università di Firenze e accademico dei Lincei. "Ormai circa due terzi della superficie terrestre è antropizzata, direttamente o indirettamente", ha osservato.
A pesare sull'ambiente sono soprattutto quattro fenomeni: il primo, più comune in America Latina e Africa, è "l'immigrazione nelle grandi foreste pluviali, che con la deforestazione mette in pericolo un fattore di equilibrio importante per il pianeta"; il secondo fattore, ha detto ancora Livi Bacci, è "l'addensarsi della popolazione in aree fragili, come le fasce costiere", come accade soprattutto nell'Asia Sud orientale; in terzo luogo sul bilancio del pianeta incidono le megalopoli popolate da almeno dieci milioni di persone, aumentate dalle dieci che erano nel 1990 e alle 35 attuali, concentrate in Asia, Africa e America Latina: "sono addensamenti non pianificati e cresciuti negli ultimi 50 anni, grandi consumatori di energia; il quarto fenomeno è infine la desertificazione, che in alcune aree di Africa e Asia meridionale genera un impoverimento della popolazione che può determinare pressioni migratorie.
Le possibili soluzioni, secondo Livi Bacci sono tecnologie per "produrre energia più pulita e frenare le emissioni di gas serra". Inoltre nelle zone in cui la natalità è molto elevata, come alcune aree dell'Africa subshariana, "si potrebbero adottare politiche per il controllo delle nascite che hanno funzionato finora in altri Paesi, come è avvenuto in India". Altre contromisure, ha aggiunto, potrebbero puntare su un maggiore livello di istruzione e nel rendere le donne meno dipendenti dalle decisioni del clan, nell'introdurre regole per gli insediamenti in aree fragili e protette, come l'Amazzonia, e nella pianificazione delle città.
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