L’assottigliamento dello strato di ozono sull’Artico provoca anomalie meteorologiche nel nostro emisfero, potrebbe essere una delle cause principali delle anomalie registrate nella primavera del 2020 e in quella del 2011. A indicare una connessione diretta tra la riduzione dello strato di ozono e i cambiamenti dell’evoluzione del vortice polare è uno studio internazionale guidato da Thomas Peter, del Politecnico di Zurigo e pubblicato su Nature Geoscience.
Quando si parla di buco dell’ozono si pensa generalmente al grande assottigliamento esistente negli strati alti dell’atmosfera che si trovano sopra l’Antartide, al Polo Sud, ma un'altra regione critica anche se meno nota è quella al di sopra dell’Artico, al Polo Nord. L’ozono è un gas che si trova a quote molto alte che ha un ruolo fondamentale per proteggere la vita sulla terra perché riesce a bloccare gran parte delle radiazioni pericolose che arrivano dal Sole. Il gas avvolge il pianeta ma ai due poli esistono due sorte di buchi (più accentuato al Sud) dovuti anche all’inquinamento umano che si stringono a si allargano in modo dinamico durante le stagioni e da tempo si sospetta che la loro dimensione determini in qualche modo alcune anomalie meteorologiche.
Inserendo nei modelli matematici i dati relativi alle variazioni dello strato di ozono nella regione artica i ricercatori hanno osservato delle correlazioni tra i picchi di riduzione dell’ozono e le anomale primavere calde e secche avute nell’Europa centrale e settentrionale e in Russia e Siberia nel 2020 e 2011. Secondo lo studio una minore quantità di ozono al polo, quindi un minor filtro ai raggi UV solari, comporta un maggior raffreddamento della stratosfera e di conseguenza una minore limitazione alla ‘forza’ del vortice polare, la grande massa di aria fredda che circola nella regione polare. Proprio le interazioni del vortice polare avranno poi delle conseguenze meteorologiche dirette con quel che si registra in tutto l’emisfero.
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