Una maglietta per essere prodotta richiede mediamente 2.700 litri d'acqua, mentre per un paio di jeans si sfiorano i 10 mila litri, utilizzando soprattutto fibre e coloranti di sintesi. Lo fa sapere l'associazione Donne in Campo della Confederazione Agricoltori Italiani (Cia), in occasione dell'eco sfilata di moda, ricordando che l'industria tessile è la seconda più inquinante al mondo, responsabile del 20% dello spreco globale di acqua e del 10% delle emissioni di anidride carbonica.
Considerato che il consumo mondiale di indumenti è destinato a crescere di oltre il 60% entro il 2030, l'associazione femminile rileva le enormi potenzialità che potrebbe avere una filiera del tessile ecologicamente orientata, arrivando a rappresentare il 15-20% del fatturato del settore in Italia (4,2 miliardi). D'altra parte, è proprio l'Onu con l'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, a sollecitare la costruzione di nuovi sistemi di produzione a minore impatto ambientale; un percorso dal doppio risvolto positivo: nei processi di riduzione dell'inquinamento e nel riciclo delle risorse e nella mitigazione dei cambiamenti climatici.
"La sostenibilità - precisa la presidente dell'associazione, Pina Terenzi - deve permeare tutto il business del tessile che, come gli altri settori, è chiamato a riformare sé stesso". E quindi via libera a metodi di produzione salva-ambiente con l'uso di tinture che sprecano meno acqua o l'utilizzo di rifiuti come materia prima. "L'agricoltura dimostra di essere in prima linea in questo processo di cambiamento - conclude - con le donne promotrici di un nuovo modo di vivere la moda nel rispetto del pianeta".
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CIA