I colori vividi di un capolavoro, l'azzurro del mare come uno specchio, il rosso degli abiti di Enea ed il re Aceste, il verde del prato e degli alberi all'ombra dei quali i troiani riparano le navi: prima smarrito, poi dimezzato ed ora ritrovato. E' La riparazione delle navi troiane di Dosso Dossi ora ricomposto con La costruzione del tempio di Venere a Erice come un quadro unico come era in origine, parte di quei dieci che componevano Il fregio di Enea: ne sono stati ritrovati sette, mentre tre rimangono ancora smarriti. Ora cinque di questi meravigliosi quadri sono in mostra per la prima volta insieme alla Galleria Borghese dal 4 aprile e fino all'11 giugno nella mostra dal titolo ''Dosso Dossi. Il fregio di Enea''.
''Erano stati realizzati per il celebre camerino di Alfonso D'Este I, duca di Ferrara, la stanza più bella del mondo allora conosciuto'', dice la direttrice della Galleria Francesca Cappelletti. ''Erano posti sopra ai baccanali che poi furono quasi tutti realizzati da Tiziano. Ma quando dopo il 1598 gli Estensi persero Ferrara spostandosi a Mantova in conseguenza della conquista papale, i capolavori di quella città vennero portati quasi tutti a Roma. Un momento di spoliazione che io vedo in senso positivo perchè quelle opere a Roma diventarono fonte di ispirazione per tanti grandi artisti''.
Anche i dieci quadri lunghi e stretti del fregio di Enea vengono quindi portati nel 1608 a Roma da Scipione Borghese e rimangono nella sua collezione per molto tempo fino a quando finiscono a Madrid: l'ultima traccia del fregio intero si trova nelle parole di José de Madrazo (1781-1859), futuro direttore del Prado, che ne descrive il complesso contenuto: un testo pubblicato per la prima volta nel 2010. Quando fu realizzata una mostra monografica su Dosso Dossi nel 1998-1999 solo tre delle dieci tele erano conosciute, (conservate a Birmingham e Ottawa - che ora hanno negato il prestito per questa occasione - e a Washington) e solo negli anni successivi per una serie di tortuose casualità sono ricomparse o state appunto ricostruite.
''I quadri di Dosso - spiega inoltre la curatrice Marina Minozzi - rappresentavano i primi sei libri dell'Eneide, con l'esclusione del capitolo sull'amore per Didone che era considerato una forma di debolezza per l'eroe fondatore di Roma.
Ma la difficoltà di ricostruirne i temi rappresentati sta nel fatto che in ogni tela viene riportato più di un episodio''.
Nei cinque in mostra alla Borghese troviamo l'impressionante Viaggio agli inferi, di chiara influenza fiamminga, che viene da una collezione privata, La peste cretese e Giochi siciliani in memoria di Anchise e fondazione di una città in Sicilia provenienti dal Louvre di Abu Dhabi, Arrivo dei Troiani alle isole Strofadi e attacco delle Arpie dal Prado di Madrid e La riparazione delle navi troiane; la costruzione del tempio di Venere a Erice e offerte alla tomba di Anchise, ricomposti, dalla Nationa Gallery of art di Washington. Nella Galleria sono stati ora esposti nella sala dove si trovano gli altri capolavori di Dosso Dossi portati da Ferrara a Roma dal cardinale, tra cui i bellissimi 'Melissa', in cui tornano gli stessi alberi del fregio, e 'Apollo e Dafne' ai due estremi della sala. ''Con questa mostra - dice ancora Cappelletti - finisce il ciclo delle mostre dedicate al paesaggio e inizia quello su Roma. La prossima sarà dedicata a Rubens, poi ci dedicheremo al rapporto tra i grandi artisti e la capitale''.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA