(di Luciano Fioramonti)
Da espressione di potere, status e
bellezza a chiave per entrare nella sfera più profonda del
soggetto per tentare di carpirne i segreti più intimi. Fino alla
fine dell' Ottocento il ritratto in pittura ha rappresentato il
simbolo della potenza, del valore e del fascino dell' uomo o la
donna da celebrare. La rapida diffusione della fotografia dall'
inizio del Secolo Breve ha cambiato le carte in tavola. La tela
non poteva più limitarsi a descrivere quanto l' obiettivo
rendeva in maniera potente e realistica anche nel minimo
dettaglio. Bisognava andare oltre, cercare nuove strade e anche
grazie alla psicologia e alla psicanalisi gli artisti hanno
cominciato a misurarsi con approcci nuovi per raccontare in modo
diverso il carattere della persona ritratta. Suggerisce questa
lettura la mostra 'Volti', prodotta da ArchiViVital, che fino al
12 novembre apre la porta sul genere molto particolare
attraverso 60 opere di artisti italiani dal Novecento a oggi
suddivise in due sedi espositive su sponde opposte del Lago di
Como, lo Spazio Circolo a Bellano (Lecco) e Villa del
Balbianello Tremezzina (Como).
Luca Beatrice, il curatore, si è mosso seguendo l' idea dell'
artista di Bellano Velasco Vitali di celebrare appunto la
pittura di ritratto tra '900 e contemporaneità, tra committenza
e libera interpretazione. La scelta dei dipinti dal 1910 a oggi,
provenienti da collezioni private, punta a testimoniare la
storia e l' evoluzione del ritratto riflettendo sulla sua
importanza storica e attuale. Sotto gli occhi dei visitatori
scorre quindi il risultato dell' indagine sullo sguardo, i
tratti somatici, le atmosfere, gli atteggiamenti e la
complessità interiore dei caratteri umani svolta da quattro
generazioni di artisti italiani. Tra gli autori, nell'
impossibilità di citarli tutti, spiccano Cagnaccio di San
Pietro, Felice Casorati, Alberto Savinio, Mario Sironi,
Evangelina Alciati (la prima donna a frequentare l' Accademia
Albertina di Torino), Ferruccio Ferrazzi, Achille Funi, Carlo
Levi, Lalla Romano, Enrico Baj, Giosetta Fioroni, Giovanni
Testori, Mario Ceroli, Mario Merz, Giulio Paolini, Michelangelo
Pistoletto, Luigi Ontani, Sandro Chia, Enzo Cucchi, Mimmo
Paladino, Vanessa Beecroft. La scelta delle due sedi risponde
anche a un taglio diverso del racconto. Lo Spazio Circolo è
allestito come una quadreria, una grande stanza dove i ritratti
sembrano presenze in stretto dialogo con il visitatore. A Villa
del Balbianello, bene del Fai per la prima volta utilizzato come
spazio espositivo, grazie all'allestimento di Velasco Vitali i
dipinti si inseriscono tra gli arredi storici negli ambienti
adiacenti alla Loggia, la Biblioteca e la Sala del Cartografo, e
nel Salotto e Camera da letto della madre dell' alpinista Guido
Monzino (ultimo proprietario della Villa), integrati con
l'attuale collezione di stampe e di libri. Nel corso della
storia dell'arte, spiega Luca Beatrice, il genere del ritratto
ha ricoperto funzioni sociali, politiche e culturali mostrando
il potere, la bellezza, l'importanza, la ricchezza e persino
idealizzando l'uomo comune. ''Con l'avvento della fotografia,
divenuta in brevissimo tempo il mezzo più utilizzato per la
ritrattistica, il XX secolo segna una svolta fondamentale. Gli
artisti cominciano a esplorare nuovi approcci; molti cercano di
raccontare il carattere e la sfera emotiva dei soggetti, altri
di esprimere il rapporto tra pittore e modello. L'interesse
sempre più forte per la psicologia, unito al desiderio di
rompere con la tradizione del passato, porta questi artisti a
compiere innovazioni formali che cambieranno per sempre il modo
di rappresentare le persone". Per Velasco Vitali gli oltre
sessanta dipinti, raccontano un ritaglio d'occidente autentico,
di un'area del mondo limitata, l'Italia, dove qualcuno è stato a
sua volta regista di un tempo che è fuggito e ha prestato
attenzione a un volto che l'ha guardato. ''Se è vero che da
questo tipo d'indagine è derivata l'insaziabile voglia di
vedersi da fuori, di guardare le nostre sembianze da un punto di
vista nuovo che non sia il nostro, è altrettanto vero che il
nostro desiderio è stato quello di popolare il nostro mondo di
icone, che ci somigliassero e nelle quali poterci riconoscere".
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