NEW YORK - La "Luna a Venezia" di Lucio Fontana "torna a casa" a New York: nel novembre 1961 la galleria di Martha Jackson nell'Upper East Side ospitò la prima personale americana dell'artista. "Volevano una mostra sui "tagli": Fontana arrivò con dieci dipinti veneziani", spiega Luca Massimo Barbero, il curatore della nuova rassegna di opere tridimensionali dell'artista italo-argentino aperta da oggi da Houser & Wirth sulla 69/a strada, negli stessi spazi occupati dalla Jackson negli anni Sessanta. Il progetto è il secondo di una trilogia pensata dalla Fondazione Fontana per portare in luce aspetti meno esplorati dell'artista soprattutto fuori dall'Europa: fa seguito alla mostra di Los Angeles sugli "ambienti spaziali" e si concluderà con una antologica a Hong Kong. Due 'fermalibri' aprono e chiudono la rassegna di circa 80 opere: dalla "Luna a Venezia", uno dei dieci "dipinti barocchi, a base di colore, riflessi e mosaico" creati per la mostra della Jackson, si arriva alle monumentali sculture spaziali "Natura" plasmate a fine anni '60 quando gli astronauti americani stavano per sbarcare sulla Luna.
La domanda a cui Barbero ha cercato di rispondere è quella che si pose Enrico Crispolti quando Fontana era ancora vivo: "E se fosse stato solo uno scultore?". Hauser & Wirth ha messo opere tridimensionali prestate da istituzioni, musei e collezionisti per dimostrare che la scultura fu una pratica intrinseca del progetto artistico di Fontana dall'inizio alla fine della sua carriera. Opere in terracotta, cemento, argilla, metallo, vetro e legno create nell'arco di cinque decenni, dagli anni venti alla morte nel 1968. Per Barbero, Fontana fu un artista che "ha sempre cercato di cambiare sempre per non diventare iconico. "Concetto Spaziale: la Luna a Venezia" all'ingresso della mostra viene contrapposta a una serie di disegni che riflettono la visita iniziale di Fontana a New York, portato in giro dall'architetto e collezionista delle sue opere, Philip Johnson. La mostra prosegue con un balzo indietro: un "Nudo" del 1926 raramente esposta e un'esplorazione del lavoro degli anni Trenta, tra cui la "Tavoletta Graffita", "Figura alla Finestra" , "Conchiglie e Farfalle" e "Cavalli Marini" illustrano il sincretismo tra astratto e figurativo con cui l'opera di Fontana cominciò a esprimere innovazione allo stato puro nel contesto più ampio della scultura europea. Si passa poi alle esplorazioni astratte che coesistono con il figurativo del decennio successivo: 'Scultura Spaziale' del 1947 viene contrapposta in dialogo con "Figura Femminile con Fiori" del 1948.
L'ultimo piano è dedicato agli esperimenti di fine anni '50 e '60: dalle opere 'Concetto Spaziale Natura' - sculture lacerate da tagli - alle 'Ellissi' create in metallo alla fine della vita e descritte dai critici come "capsule spaziali" eseguite a macchina in cui la dimensione concettuale diventa preminente.
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