ARA PACIS - Leggere la storia millenaria di Roma sedimentata tra le pieghe delle Mura Aureliane, riscoprire il monumento più grande della città imperiale in quei 13 chilometri di barriera difensiva che hanno resistito al tempo e agli assalti, poi finiti per decenni nell' ombra tra l' incuria e l' indifferenza. Ha mirato a questo la Soprintendenza Capitolina ai Beni Culturali affidando ad Andrea Jemolo la prima campagna fotografica integrale sull' intero percorso della cinta fortificata. Il risultato di quattro mesi di lavoro - da settembre 2017 allo scorso gennaio - sono 150 immagini "molto pensate e progettate". Federica Pirani e Orietta Rossini ne hanno selezionate 77 a colori di grande formato per la mostra "Walls. Le Mura di Roma", fino al 9 settembre al Museo dell' Ara Pacis. Al bel catalogo Treccani ha dato un contributo lo scrittore Marco Lodoli che le descrive grandiose e malinconiche, tragiche e belle come "una ruga del tempo".
"Le mura raccontano l' evoluzione della città - ha detto Claudio Parisi Presicce, Sopritendente capitolino ai Beni Culturali ad interim e ideatore della mostra - ma ne sono il monumento-simbolo quasi invisibile, di cui ormai non ci si rende conto". La rassegna vuole essere l' avvio di un processo di valorizzazione, insieme con le iniziative per recuperare i camminamenti "che offrono uno sguardo inedito su Roma", e agli interventi per oltre tre milioni di euro previsti dal piano di investimenti 2018-2020.
"Questo è il primo lavoro di documentazione integrale dopo quello svolto da John Henry Parker nel 1865- ha spiegato Jemolo -. Ho seguito due linee: la foto del monumento e come il monumento dialoga con la città, un dialogo che cambia a seconda della zona della città attraversata dalle mura, dai quartieri di lusso a quelli più popolari. Il mio modo di fotografare è il contrario dell' attimo fuggente da cogliere sostenuto da Cartier Bresson. Il mio lavoro è costruito a lungo nella mente. Dopo gli studi e i sopralluoghi sapevo perfettamente cosa e come fotografare". A rendere particolari le immagini la scelta di scattare con il cielo nuvoloso, per dare profondità e intensità maggiori. Il percorso prende le mosse da Porta del Popolo e si snoda lungo il tracciato del monumento, in origine lungo 19 chilometri. Ai luoghi più conosciuti - Porta Maggiore, La Piramide, Porta Metronia, il Muro Torto, fino al Ponte dell' Industria, l' ultimo tratto visibile - si alternano scorci inaccessibili al pubblico e punti di vista suggestivi, realizzati con una macchina Sinar a lastre da negativi 10x12 dalla nitidezza estrema e senza alterazione delle prospettive. Jemolo, romano, 61 anni, da trenta impegnato negli scatti di arte e architettura, ha documentato con attenzione minuziosa le stratificazioni, le costruzioni, i ritocchi e come la città abbia inglobato tratti del monumento. Altre foto mostrano l' azione della natura con arbusti, vegetazione, piante rampicanti.
Nella torre di via Campania ecco lo studio di Francesco Randone con la scuola di Ceramica, uno dei tanti luoghi di lavoro di artisti ospitato nelle mura tra fine '800 e inizi '900. Poco più in la, accostata alle mura in piazza Fiume, la casa-studio dello scultore Ettore Ferrari. La mostra presenta anche una cinquantina di fotografie storiche selezionate dal fondo Parker, custodito nel Museo di Roma per illustrare e confrontare i cambiamenti della struttura.
Le mura volute dall' imperatore Aureliano nel terzo secolo dopo Cristo erano alte 6,50 metri, spesse 3,50 e avevano una massiccia torre quadrata ogni 30 metri. Da allora hanno subito trasformazioni, distruzioni, rifacimenti, molti dei quali per opera dei Papi. L'ultimo crollo qualche giorno fa, il 15 giugno, quando è venuto giù il tetto di un torrione all'altezza di via Campania. Fu Pio IX nel 1847, a consegnarle alla cura dell' amministrazione capitolina. Le curatrici hanno ricordato che a riportare l' attenzione sulle mura, lasciate al degrado e all' indifferenza, fu nel 1974 l' artista Christo. Con il suo modo plateale di provocare, ne impacchettò per 40 giorni un tratto di 259 metri a Porta Pinciana, tra Villa Borghese e Via Veneto, con tessuto e corde, quasi a voler dimostrare che solo coprendole le si potesse notare.
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