ROMA - È un'etichetta-firma sulla porta di legno ad annunciare la meraviglia che si sta per spalancare, lì, al quarto piano di un normalissimo palazzo piccolo borghese, in via Oslavia 39/b a Roma. Un trionfo di colori, forme, geometrie che investono pareti, lampade, soffitti, mobili, piastrelle, abiti appesi e ogni utensile e particolare immaginabile, fino ai pomelli delle ante delle credenze. È FuturBalla, come recita quell'etichetta, ovvero la casa-opera d'arte totale di Giacomo Balla (1871-1958), l'artista mondiale che con Fortunato Depero nel 1915 siglò il Manifesto per la ricostruzione futurista e che in queste stanze, tra il tinello e il salotto-studio, visse dal 1929 fino alla morte con la moglie Elisa e le figlie artiste Luce ed Elica.
In occasione dei 150 anni della nascita, il Maxxi lo festeggia con Casa Balla. Dalla casa all'universo e ritorno, progetto a cura di Bartolomeo Pietromarchi e Domitilla Dardi, che da domani porta nelle sale disegnate da Zaha Hadid una selezione di opere del maestro come la porta del celebre Studiolo rosso in dialogo con quelle di altri otto artisti contemporanei che a lui si sono appositamente ispirati (dall'ipnotica installazione in ascensore di Jim Lambie alle gonne dei dervisci rotanti di Alex Cecchetti o al grande tavolo di Cassina con Patricia Urquiola e poi ancora Ila Bêka e Louise Lemoine, Carlo Benvenuto, Emiliano Maggi, Leonardo Sonnoli, Space Popular). E, soprattutto, dal 25 giugno, compie il piccolo "miracolo", in collaborazione con la Soprintendenza Speciale di Roma Belle Arti e Paesaggio e il contributo di Banca d'Italia, di riuscire ad aprire al pubblico per la prima volta dopo trent'anni quella casa, sottoposta a vincolo di tutela solo nel 2004, dove Balla visse e dove tutto è arte, con ogni angolo che racconta di idee, prove, genialità (entrambi le tappe fino al 21 novembre; per la casa, solo su prenotazione nel week end).
"E' un regalo alla città di Roma e alla comunità di artisti, ma anche un tassello importante per la storia dell'arte italiana e internazionale - dice la presidente della Fondazione Maxxi, Giovanna Melandri - Entrando lì, finalmente, si capisce davvero chi era Giacomo Balla, l'arte che sconfina nella vita e viceversa". In un allestimento, aggiunge Pietromarchi, "che ne valorizza una lettura chiara, sia di Balla che delle figlie, che lì vissero fino al '93-'94, quando morirono. Per noi - prosegue - era importante restituire la dimensione della famiglia e di un un genio italiano che sapeva creare cose dal nulla". "Vorrei augurare a tutti di godere di quella casa come ho potuto io nella fanciullezza. La ricordo piena di opere d'arte", racconta una degli eredi, Claudia Balla.
"Andavo a giocare e disegnare lì la domenica, proprio con Claudia", sorride Lavinia Biagiotti, che con la Fondazione e le Collezioni di famiglia custodisce oltre 300 opere di Balla, inclusi i bellissimi bozzetti di abiti esposti al Maxxi. "Una delle eredità più belle che mi ha lasciato mia madre - dice - è disegnare il futuro, ogni giorno, per tentare qualcosa di nuovo. L'osmosi tra generazioni, come accade con gli artisti in mostra, è il segreto per ripartire". Tra le chicche restituite al pubblico, anche i 62 disegni, progetti e bozzetti e i 23 manifesti di mostre di Balla restaurati dalla Soprintendenza. "Un intervento difficile - racconta la soprintendente Daniela Porro - perché piccolissimi, oppure enormi, spesso su materiali fragili come carta di giornale. Lì dentro c'è tutto Balla, compresa la collezione dedicata al Bal Tic Tac. L'auspicio ora è che la casa possa restare aperta in maniera permanente". Intanto, al Maxxi al via da domani anche la mostra "Io, Villa Adriana", a cura di Anne Palopolie Andrea Bruciati, con le tele e i provini fotografici di Luca Vitone, che si dipana tra gli spazi del museo e la residenza dell'imperatore Adriano a Tivoli (fino al 12 settembre). E L'Inferno di Dante, omaggio fotografico di Valentina Vannicola ai 700 anni della scomparsa del Sommo Poeta, a cura di Simona Antonacci (fino al 26 settembre).
Riproduzione riservata © Copyright ANSA