Un giovane Mussolini arrestato nel 1915 in un comizio interventista a Roma e, una volta diventato Duce, ritratto mentre trebbia il grano o intento a prendere in braccio la piccola orfana di un legionario caduto nella guerra di Spagna. Soldati feriti che ascoltano notizie alla radio, anziani in coda allo sportello per il Prestito Nazionale e il trasporto della salma di Giacomo Matteotti nel 1924, accanto al Trio Lescano ai microfoni dell'Eiar, a due bambini "in posa" con la maschera antigas e ad alcuni membri del Corpo Italiano di Liberazione che nel 1943 davanti all'Altare della Patria incontrano un gruppo di cittadini finalmente "liberati". Aveva un fiuto infallibile per scovare e promuovere una notizia rendendola evento, una curiosità mai paga e la capacità di stare sempre "nel posto giusto al momento giusto" Adolfo Porry-Pastorel, pioniere dell'immagine politica e di costume e "progenitore" dei paparazzi, al quale il Museo Braschi di Roma dedica la mostra "L'altro sguardo. Nascita del fotogiornalismo in Italia", ideata e organizzata da Istituto Luce Cinecittà con Roma Culture e in programma dal 2 luglio al 24 ottobre. A cura di Enrico Menduni, la personale, la prima mai realizzata, svela al pubblico come sia nata l'arte della notizia per immagini in Italia presentando il lavoro, tra gli anni '10 fino agli anni '40 del secolo scorso, di un cronista passato per essere il "fotografo di Mussolini" e tuttavia attenzionato dal regime che lo riteneva scomodo, un fotoreporter che è stato un vero testimone del suo tempo capace di immortalare il potere nella sua veste più ufficiale e nei suoi retroscena più intimi, aggirando dunque la censura, il provincialismo e i limiti imposti dal Governo fascista. Accanto a questo Pastorel, classe 1888, con la sua macchina fotografica sempre al collo, non dimenticò mai di raccontare il Paese in quegli anni difficili, catturando gli istanti di vita quotidiana dei cittadini, le nuove abitudini, i fatti di cronaca, i grandi personaggi. Nel percorso, molto denso e di grande impatto anche grazie a filmati d'archivio e oggetti personali, sono esposti oltre 80 scatti provenienti dall'Archivio storico Luce e da altri importanti fondi, come l'Archivio Fotografico Storico del Museo di Roma, e gli archivi Farabola, Vania Colasanti, Fondazione Turati, posti accanto a stampe originali e documenti inediti. La mostra, che valorizza il ruolo di irrinunciabile memoria storica svolto dagli archivi, vista con gli occhi di oggi ci rivela da dove ha avuto origine il nostro modo di interpretare le notizie e di creare scalpore attorno a esse. In questo Pastorel, che mosse i primi passi al Messaggero di Roma e poi passò al Giornale d'Italia di Bergamini e in seguito fondò la sua Agenzia Fotografica V.E.D.O. (Visioni Editoriali Diffuse Ovunque), fu un vero antesignano: non solo la sua conoscenza degli apparati dello Stato lo rendeva in grado di assistere anche a situazioni informali con i personaggi politici ritratti in atteggiamenti inediti, ma il fotografo per essere il primo a dare la notizia e battere la concorrenza aveva escogitato, una volta resosi indipendente con la sua agenzia, degli escamotage particolari, come l'uso di piccioni viaggiatori in grado di portare "al volo" le bobine fotografiche nel suo studio. Da autentico genio del marketing poi realizzava piccoli oggetti promozionali, come gli specchietti per signora, sul retro dei quali era scritto il suo numero di telefono da chiamare subito in caso di eventi da segnalare. "È misconosciuto, eppure Pastorel è stato il primo fotogiornalista italiano", afferma il curatore Enrico Menduni, che sottolinea il valore di una mostra resa ancora "più vitale grazie a ritrovamenti continui negli archivi durante il lavoro di preparazione: l'ultimo proprio pochi giorni, con i ricercatori del Luce che hanno scovato la foto più importante della mostra, quella di Mussolini arrestato in un comizio interventista. L'immagine era stata inserita in un fondo sbagliato, chissà forse proprio da Pastorel con l'obiettivo di metterla in salvo da eventuali perquisizioni". "Continueremo a lavorare per tirare fuori tesori ancora nascosti e per renderli fruibili", dice Chiara Sbarigia neo presidente dell'Istituto Luce (che conserva 1700 negativi di Pastorel e più di 180.000 immagini della sua Agenzia fotografica V.E.D.O.), "le immagini degli archivi devono essere viste con sguardo nuovo e originale trovando collegamenti che le rendano interessanti per i più giovani". "La nostra amministrazione rivolge grande attenzione al linguaggio fotografico con diverse mostre a cui ora si aggiunge questa, che sottolinea anche la collaborazione con l'Istituto Luce e gli altri archivi, fondamentali conoscere da dove veniamo e capire dove stiamo andando", conclude Lorenza Fruci, assessora alla crescita culturale del Comune di Roma.
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