(di Luciano Fioramonti)
Cominciò con serate interminabili
ogni giovedì in cui ci si poteva confrontare in totale libertà
su arte, lavoro, amore, politica. Poi quel cenacolo di
intellettuali prese le forme di una comune, in cui donne e
uomini sperimentavano forme nuove di convivenza senza vincoli o
remore creando scandalo nella Londra all' alba del Novecento.
Inventarsi un modo di vivere diverso usando la scrittura e le
immagini, l'arte come come motore del cambiamento, rompendo con
la tradizione e i vecchi schemi sociali. "E' una mostra di
cultura e libertà", così Nadia Fusini, grandissima esperta di
Virginia Woolf, definisce il racconto curato con Luca Scarlini
per Palazzo Altemps che mette al centro della scena l'avventura
della scrittrice inglese e della sorella Vanessa, pittrice, alla
guida del gruppo di artisti, poeti, pensatori, economisti
riuniti sotto il nome del quartiere di Londra in cui avevano la
loro base.
E' costruita su un avvolgente gioco di stanze "Virginia Woolf e
Bloomsbury. Inventing life", immersione raffinata nel clima
culturale di quegli anni particolari di inizio secolo che il
Museo Nazionale Romano ed Electa, con la collaborazione della
National Portrait Gallery di Londra, propongono fino al prossimo
12 febbraio. Stanze come i capitoli della vicenda, incentrata
sulla casa di Gordon Square 26, in una zona che all'epoca non
godeva di buona fama dove le sorelle Stephen con i fratelli
Thoby e Adrian si erano trasferite dopo la morte del padre nel
1904 lasciando l'elegante dimora di Kensington. Moderni ed
emancipati, aperti alle relazioni senza condizionamenti di
scelte sessuali, "Quelli di Bloomsbury" sognavano, come Leonard
Woolf, una società senza classi, e gli artisti non più artisti
confinati nelle loro torri d' avorio. Tra loro c' erano John
Maynard Keynes, che ha rivoluzionato il pensiero economico e
posto le basi del welfare state; lo storico Lytton Strachey e,
soprattutto, il critico e pittore Roger Fry, figura centrale nel
suggerire un altro punto di vista sull'arte e sul modo stesso di
crearla. Dalla prima sezione "Una stanza tutta per sé" come il
titolo del saggio pubblicato nel 1929 che rese Virginia Woolf
una icona del movimento femminista globale, il percorso si snoda
tra i dipinti e i ritratti dei protagonisti di questa
avanguardia così sui generis, attraversando il capitolo della
Hogart Press, la casa editrice avviata mettendo in moto una
pressa per stampare in proprio con una veste elegante le loro
opere letterarie, i saggi di politica e di psicanalisi. Ecco poi
la pagina dei laboratori Omega, un atelier e una bottega di
pittura, scultura e fucina di produzione di oggetti, piatti e
decorazioni ispirate a una bellezza da utilizzare ogni giorno
per rendere più gradevole la vita - attività che durò appena sei
anni e si interruppe nel 1919 subito dopo la fine della prima
guerra mondiale.
Il bel catalogo scandisce l'itinerario in modo puntuale
soffermandosi sui passaggi di svolta, come il clamore suscitato
dalla mostra di pittori contemporanei presentati impropriamente
come Post-impressionisti che Roger Fry organizzò nel 1910
mettendo insieme 21 opere di Cézanne, 37 di Gauguin, 20 Van
Gogh, Rouault, Picasso e Matisse. L'esposizione voleva stupire
ma il risultato andò oltre, i visitatori insorsero contestando
il valore dei quadri, alcuni sputarono letteralmente sulle tele.
Lo scandalo non fece che produrre attenzione e pubblicità tanto
che pochi mesi dopo Fry replicò presentando un gruppo di pittori
inglesi post-impressionisti e nel 1912 una seconda puntata della
mostra-shock. "Sia ben chiaro - osserva Fusini - il circolo
Bloomsbury non fu né un movimento con un programma, né una
religione con relativo culto, né una cellula di sovversione
estremista. A Bloomsbury si scoprì in comunità una nuova
dimensione dello spirito e avvenne un miracolo, quello dell'
apertura della mente". I Bloomsberries non vanno considerati una
avanguardia come quelle che imperversavano nel resto d' Europa.
"Condividevano un senso profondo della necessità del
cambiamento: c'era urgente bisogno di nuovi costumi
intellettuali, culturali e politici… Si doveva rompere con le
convenzioni e condurre una vita più libera". E se uno degli
obiettivi della mostra è il parallelismo con Palazzo Altemps,
nato come casa nobiliare nel cuore di Roma e nell'Ottocento sede
di salotti letterari di prestigio, i promotori invitano a
considerare quanto quella generazione degli Anni Trenta
guardasse all' Europa e, in particolare, alla Francia, come alla
espressione culturale più alta di quel periodo. Fare,
elaborare, mettere in campo energie come segno della voglia di
vivere, a questo miravano. "A ognuno doveva essere riconosciuto
il diritto di modellare se stessi in libertà", conclude Nadia
Fusini. "Perché vivere è tout court un atto di , creazione
artistica".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA