Fino a pochi anni della Fontana
dell'Ercole Colosso progettata da Amedeo di Castellamonte per i
Giardini della Reggia di Venaria, alle porte di Torino, restava
solo uno splendido disegno dell'architetto reale. Il complesso
originale, con i suoi giochi d'acqua, le 54 statue, e le 65 mila
conchiglie incastonate nelle grotte del ninfeo, le scalinate
marmoree e i padiglioni ombrosi, giaceva da secoli seppellito
sottoterra.
Oggi, dopo 5 anni anni di lavori e un investimento di tre
milioni e mezzo, il direttore della Reggia Guido Curto ha potuto
presentarne il recupero, che completa il restauro del complesso
monumentale sabaudo, iniziato nel 1998. L'acqua non arriva più
dal vicino torrente Ceronda, affluente della Stura di Lanzo, ma
direttamente dalla falda, attraverso un sistema di pompe. "Può
sembrare problematico - ha rimarcato Curto - inaugurare una
fontana in questo periodo di siccità, ma da storico dell'arte
ricordo che le fontane nascevano dove c'era bisogno di
freschezza: speriamo quindi che sia di buon auspicio. I
visitatori vedranno un'opera di ingegno del Seicento dove i
pezzi originali ci sono, e tutto quello che non c'era è moderno,
si stacca e si vede".
Il restauro è stato finanziato per metà dalla Consulta per la
valorizzazione dei beni artistici e culturali di Torino, e per
l'altra metà da un gruppo di sponsor: Fondazione Compagnia di
San Paolo, Intesa Sanpaolo, Reale Mutua, Consorzio delle
Residenze Reali Sabaude, Amici della Reggia di Venaria Reale,
Iren.
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