FERRARA, 08 NOV - Gli ebrei e Ferrara, un rapporto millenario che racconta momenti di incontro e integrazione alternati ad altri ben più bui. Il Meis, Museo nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah, torna alle proprie origini e spiega a visitatori, città e pubblico perché è stato costruito a Ferrara: per questo ha allestito la mostra 'Ferrara ebraica', visitabile dal 13 novembre all'1 marzo. L'esposizione sarà aperta in occasione del premio letterario 'Adelina della Pergola' istituito dall'Adei Wizo (Associazione Donne Ebree d'Italia) e della Conferenza annuale dell'Aejm, l'associazione che riunisce i musei ebraici di tutta Europa, al Meis dal 17 al 19 novembre. Il percorso accompagna attraverso un viaggio nel tempo e la realizzazione è stata resa possibile grazie alla collaborazione del Comune di Ferrara e della Comunità ebraica, che ha prestato al museo gran parte degli oggetti esposti.
Le prime notizie di insediamenti ebraici in città si hanno a partire dal XII secolo, ma pare che i primi ebrei fossero arrivati attorno all'anno 1000. La maggiore fioritura della comunità risale al Quattrocento; nel 1485 il romano Ser Mele acquista l'attuale edificio comunitario di via Mazzini, uno dei più antichi d'Europa ancora in uso. Il suo lascito testamentario alla comunità prevede il divieto di alienazione e la condizione che l'edificio ospiti per sempre un luogo comune riservato al rito. Sorgono infatti in via Mazzini tre sinagoghe, quella italiana, oggi trasformata in sala sociale, quella tedesca e quella fanese. L'invito che Ercole I d'Este rivolgeva nel 1492 agli ebrei esuli dalla Spagna è tra i momenti più alti negli otto secoli di presenza ebraica a Ferrara. Era l'inizio dell'Età moderna e, grazie a questi ebrei, si sviluppava anche a Ferrara la raffinata cultura sefardita. Accogliendo gli ebrei cacciati dalla Spagna nel 1492, la città diventa un centro culturale per decine di intellettuali che si distinguono negli studi ebraici e secolari. Dopo aver conosciuto una feconda integrazione, arriva poi l'isolamento nel ghetto costruito nel 1627 quando Ferrara è passata sotto il dominio dei Papi.
Una volta acquisiti pienamente i diritti civili dal 1870 e condivise le battaglie risorgimentali per fare l'Italia, gli ebrei di Ferrara si ritrovano di fronte alla pagina più buia della loro storia, la promulgazione delle leggi razziali nel 1938, persecuzioni e deportazioni: i libri della Torah vengono bruciati nella piazza principale, le sinagoghe devastate, i beni requisiti, gli ebrei ferraresi arrestati e deportati nei campi di sterminio. Eppure, grazie alla forza del suo passato, la comunità rinasce e - dopo la ferita della Shoah, dopo l'apposizione della lapide di via Mazzini che ricorda le oltre 100 vittime e da cui Giorgio Bassani trae spunto per una delle sue Cinque storie ferraresi - torna ad essere parte integrante dell'identità ferrarese.
'Ferrara ebraica' racconta tutto questo attraverso oggetti dei quali vengono spiegate l'origine e l'uso, documenti e testimonianze: dal Talled (lo scialle usato dagli uomini per le preghiere del mattino o dopo aver recitato una benedizione) appartenuto al rabbino Leone Leoni che durante le persecuzioni fasciste tenta di fermare lo scempio nelle Sinagoghe, alla profumeria Finzi, vero punto di riferimento cittadino.
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