BOLOGNA, 23 NOV - Le donne restano meno tempo in una relazione violenta perché le riconoscono "prima" e spesso le denunciano sempre prima. È quanto emerge dalla raccolta dati del Coordinamento dei Centri antiviolenza dell'Emilia-Romagna.
Dal 2000 a oggi, secondo il dossier (aggiornato al 31 ottobre), le violenze della durata di sei anni o più sono diminuite del 10%: dal 51% al 40% dei casi. Nello stesso tempo, sono aumentate le richieste di aiuto delle donne che riportano di subire violenza da meno di un anno. Dal 2000 al 2024 l'aumento è dal 20% al 36%. Le donne riconoscono la violenza in tempi più brevi e interrompono più velocemente il ciclo della violenza: un risultato, sottolinea il coordinamento, del lavoro portato avanti dai centri antiviolenza sul territorio non solo nell'accoglienza diretta ma anche a livello sociale e culturale.
"Dopo le dichiarazioni del ministro della Pubblica Istruzione, nel giorno della presentazione della Fondazione Cecchettin, alla Camera, supportate dalla Presidente del Consiglio, dobbiamo prendere atto che è in corso un tentativo di strumentalizzare il fenomeno della violenza maschile a vantaggio della propaganda sull'allarme immigrazione", sottolinea il coordinamento emiliano-romagnolo. "Ricondurre il femminicidio commesso da italiani, come ha fatto il ministro, a residui di maschilismo, vuol dire minimizzare un fenomeno che è strutturale". I dati sugli autori della violenza raccolti dai Centri dell'Emilia-Romagna nel 2024 indicano che nel 62,3% dei casi ad agire la violenza è stato il partner della donna. Nel 15,9% l'ex-partner, e nel 10% un familiare. I casi di violenze agite da sconosciuti (a prescindere dal loro stato di cittadinanza) sono inferiori al 2%. "Non raccogliamo il dato sui 'fenomeni di violenza sessuale legati a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale', ma se ci fosse un modo di farlo, costituirebbero una minima parte di questo già poco rilevante 2% dei casi".
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