Nel dibattito in corso l’Eurocamera frena anche perché ha grandi perplessità su alcuni contenuti della riforma. Gli eurodeputati vogliono chiarezza sul fatto che il trasferimento di poteri da Bruxelles alle capitali non significhi rinazionalizzazione, con la disgregazione del mercato unico dell’agroalimentare, il più integrato dell’Ue. Oltre alla “necessità di coinvolgere il nuovo Europarlamento” questo è uno dei motivi per cui “i Gruppi politici hanno deciso di tornare su alcune parti delle bozze legislative”, spiega Paolo De Castro.
Tre volte ministro, consulente sulla Pac della Commissione Prodi, e eurodeputato alla terza legislatura, De Castro è un esperto della Pac e dei suoi cambiamenti. E individua un rischio di “ri-nazionalizzazione” nella nuova architettura per l’applicazione della Pac come uno degli elementi davvero divisivi, su cui l’Eurocamera sarà chiamata a “correggere alcune impostazioni” che fanno parte della proposta della Commissione europea. Per questo ci vogliono “due anni di proroga e non uno, come dicono i regolamenti transitori”.
Posizione che è considerata realistica anche da diversi paesi in Consiglio. In generale, ragionano fonti diplomatiche Ue, “una volta approvato il bilancio pluriennale non ci vorrà molto per raggiungere un accordo tra paesi e quindi cominciare il negoziato con l’Europarlamento”. Ma ci vorrà sicuramente altro tempo per l’adattamento delle amministrazioni nazionali. Soprattutto quelle di paesi come Germania, Italia e Spagna, dove le regioni hanno competenza diretta in agricoltura. Così la pensano, ad esempio, a Berlino. E anche a Roma c’è la consapevolezza che si dovrà inventare un rapporto con le regioni totalmente nuovo sull’agricoltura.