La ‘cassetta degli attrezzi’ della Pac proposta dalla Commissione per il dopo 2020 è quella classica: sostegno al reddito per gli agricoltori, interventi per lo sviluppo delle aree rurali, misure per la gestione delle crisi. A cambiare sarà l’architettura istituzionale, che prevede un quadro strategico comune, programmi di attuazione nazionali e controllo e verifica di Bruxelles sui risultati raggiunti.
“Ad oggi – spiega Tassos Haniotis della Direzione Generale Agricoltura della Commissione Europea – possiamo dire che la Pac ha avuto successo dal punto di vista economico, ma ne ha avuto di meno sugli obiettivi ambientali. Non è che non ci siano stati risultati, ma negli ultimi 4-5 anni l’avanzamento sugli obiettivi ambientali è rallentato e questo succede proprio quando invece dovremmo avere target più ambiziosi a causa dei cambiamenti climatici”.
Oltre che l’accento su clima e ambiente, la riforma in discussione “dà maggiore flessibilità ai paesi membri nella scelta delle misure per soddisfare i loro bisogni specifici, ma gli obiettivi sono stabiliti a livello europeo”, precisa Haniotis. “Al momento stiamo facendo progressi con i paesi, mentre nell’Europarlamento i lavori sono meno avanzati. Ma credo che ci sia oggi la consapevolezza da parte di tutti che c’è urgenza di agire, specialmente sul cambiamento climatico”.
Tutto il processo, in realtà, è partito in ritardo sui tempi di legislatura. Aggiustamenti, quasi una miniriforma, della Pac c’erano già stati nel 2017 con il pacchetto Omnibus. E le incognite della Brexit hanno rallentato anche la presentazione della bozza di bilancio 2021-27. Insomma, la Commissione ha presentato la proposta di riforma il 1 giugno 2018, a meno di un anno dalle elezioni europee. L’esperienza passata insegna che la revisione di una politica così importante richiede più tempo. L’ultimo aggiornamento è stato un caso esemplare: processo iniziato nel novembre 2010, con proposte legislative l’anno dopo trasformate in regolamenti veri e propri solo alla fine 2013 dopo aver messo d’accordo 28 Stati e un Europarlamento con poteri più ampi rispetto al passato.