La transizione energetica è una sfida tanto grande che per affrontarla vanno usate tutte le opzioni tecnologiche a disposizione. E’ il messaggio della “Proposal for a Zero Carbon Technology Roadmap” realizzata da The European House-Ambrosetti ed Eni e presentata di recente a Bruxelles. Uno studio che affronta il tema della transizione considerando vantaggi e svantaggi dal punto di vista ambientale, economico, sociale di un centinaio di tecnologie e vettori per la produzione di energia. La roadmap è stata supervisionata da un board di profili di primo piano, come l’ex Commissario Europeo per gli affari economici Joaquin Almunia, la Direttrice generale del CERN Fabiola Giannotti e il politico ed economista tedesco Markus Kerber, già Direttore generale della Federazione delle Industrie Tedesche (BDI) e membro del Governo Federale della Germania. Ne emerge una netta adesione degli studiosi al principio di neutralità tecnologica: considerare tutte le soluzioni, diversificare, evitare di fare scelte che avvantaggino una tecnologia sull’altra senza aver soppesato tutti gli aspetti della questione, non illudersi che “un unico vettore energetico possa essere la soluzione” per la transizione, afferma Kerber.
Raggiungere “la neutralità carbonica per l’UE nel 2050 sarà un cambiamento immenso perché la nostra società consuma tantissima energia oggi e continuerà a farlo in futuro”. E’ Andris Piebalgs, ex commissario all’Energia oggi Senior Fellow allo European University Institute di Firenze a inquadrare il problema. “Questo cambiamento – aggiunge – ha aspetti legislativi e di mercato”, ma “per esserci un vantaggio per tutta la società abbiamo bisogno di neutralità tecnologica, cioè usare diverse opzioni tecnologiche”.
La prima considerazione del gruppo di studiosi che ha realizzato il rapporto è che se si vuole davvero contenere l’aumento delle temperature entro 1,5-2 gradi, è fondamentale un cambio di passo. Il problema è come accelerare senza mettere a repentaglio la sicurezza energetica e la competitività economica ed industriale del Continente. “I settori economici hanno apprezzato lo studio – prosegue Piebalgs – perché da un lato riconoscono la necessità del cambiamento, dall’altro temono per la loro competitività”. Garantirla significa autonomia strategica dell’UE, tenuta economica e sociale, evitando la rilocalizzazione delle industrie fuori dai confini continentali e la perdita di posti di lavoro in Europa.