(di Michele Esposito)
Un primo accordo politico nella
cena dei 27 di lunedì a Bruxelles. Poi la blindatura della
maggioranza prima del voto all'Eurocamera del 18 luglio. Il
cronoprogramma che Ursula von der Leyen ha in mente per la sua
conferma alla presidenza della Commissione dice molto della
fiducia che la Spitzenkandidat ripone nell'esito della sua
partita più difficile. Una fiducia che si basa su un punto,
innanzitutto: nel Ppe non c'è alcun altro nome oltre a quello di
Ursula. Tradotto: bocciando von der Leyen si innescherebbe una
furiosa reazione dei Popolari, ovvero dei vincitori delle
Europee. E nessuno, tra i partiti filo-Ue, ha interesse a farlo.
Von der Leyen e Manfred Weber stanno procedendo a tappe.
Nella mattinata di mercoledì hanno dapprima riunito gli
eurodeputati del Ppe, provando a massimizzare la compattezza del
gruppo. Il pericolo franchi tiratori esiste, quanto è accaduto
al Congresso di Bucarest (dove l'atteso plebiscito per Ursula,
nel segreto dell'urna, evaporò), è stato un campanello
d'allarme. Il caos in cui versano Le Republicains francesi e i
distinguo già anticipati dalla delegazione slovena rafforzano la
convinzione di chi, nel computo totale dei sì alla presidente
uscente, ha già scorporato un 15%. Ai suoi colleghi di partito
von der Leyen ha ribadito un punto: "I negoziati inizieranno
dalla maggioranza Ppe-Socialisti-Renew, non è sempre stata
facile, ma ha funzionato". Dietro le quinte, nel Ppe spiegano di
aver avuto ottime sensazioni dai Socialisti - ieri l'incontro
tra von der Leyen e la capogruppo Iratxe Garcia Perez - mentre
una maggiore confusione si registra tra i Liberali, ancora
scottati dalla debacle alle Europee.
Chi invece ha nettamente aperto al sostegno a von der Leyen
sono stati i Verdi. "Siamo disponibili ma solo se entreremo
nella coalizione", ha sottolineato Bas Eickout al termine della
riunione del gruppo. Ponendo un punto in realtà non marginale
sul tavolo del Ppe. Lo schema di Weber, infatti, prevede un
accordo formale solo con S&D e Liberali e il sostegno esterno di
"altre forze filo-Ue, filo-Ucraina e pro-Stato di diritto".
Categoria che, nella strategia popolare, include certamente i
Verdi e non esclude Giorgia Meloni. Il tema, per Weber e von der
Leyen, è che allargare troppo ai pasdaran del Green Deal
irriterebbe più di un membro dei Ppe. E aprire a Meloni in via
ufficiale farebbe crollare il sostegno di S&D e Liberali.
Anche per questo, nel quartiere generale del Ppe, ci si vuole
muovere con prudenza. Blindando prima il sì dei leader e
parallelamente, aumentando numericamente il gruppo. Non è un
caso che, prima di volare in Puglia, von der Leyen abbia visto a
Parigi uno dei leader che, prima della debacle delle Europee,
erano più scettici sul suo bis, Emmanuel Macron. Alla cena di
lunedì von der Leyen punta ad un'intesa politica almeno sul
Cencelli comunitario: Commissione e Eurocamera al Ppe, Consiglio
europeo ai Socialisti, ruolo di Alto Rappresentante ai Liberali.
I nomi lanciati dal Ppe, non si toccano. Su quelli degli altri
due partiti, dai leader Popolari non saranno dati assegni in
bianco. Il Ppe, se la trattativa su Ursula si complica, potrebbe
alzare la posta. La nomina del portoghese Antonio Costa come
successore di Charles Michel non viene ad esempio data per
scontata, tanto che continuano a circolare delle alternative,
come la premier Mette Frederiksen o Enrico Letta. Entrambi, nel
centrodestra europeo, avrebbero forse maggior supporto rispetto
all'ex premier portoghese, considerato un profilo più di
sinistra. E per il post Borrell la favorita resta l'estone Kaja
Kallas ma anche la belga Wilmets o il lussemburghese Bettel non
sono da escludere. Sui nomi la trattativa dovrebbe entrare nel
vivo nella seconda parte di giugno, fino al Consiglio europeo
del 27-28.
Nel frattempo martedì il Ppe ufficializzerà l'ingresso dei
nuovi eurodeputati singoli e accelererà su quello delle
neo-delegazioni arrivate in Ue: quella dei liberali danesi, il
partito degli agricoltori olandese e il partito d'opposizione
ungherese guidato da Petrer Magyar. Venerdì Weber volerà a
Budapest per incontrare il leader di Tisza. Sarà un messaggio
simbolico per Viktor Orban ma un avviso ai naviganti sulla forza
parlamentare del Ppe.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA