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Strasburgo condanna l'Italia,dare cognome madre è un diritto

Coppia milanese vince causa, va rivista legislazione famiglia

Redazione ANSA STRASBURGO

STRASBURGO - In Italia si è sempre fatto così. Ma la regola di dare ai figli il cognome del padre è troppo rigida. Imporla ai genitori di figli 'legittimi', non consentendo - se lo desiderano - di scegliere invece il cognome della madre, è una discriminazione e una violazione del diritto al rispetto della vita familiare e privata. Lo ha stabilito la Corte dei diritti dell'uomo che oggi ha condannato l'Italia affermando che "se la regola che stabilisce che ai figli legittimi sia attribuito il cognome del padre può rivelarsi necessaria nella pratica, e non è necessariamente una violazione della convenzione europea dei diritti umani, l' inesistenza di una deroga a questa regola, nel momento dell' iscrizione all'anagrafe di un nuovo nato, è eccessivamente rigida e discriminatoria verso le donne".


La sentenza da ragione ad Alessandra Cusan e Luigi Fazzo, la coppia milanese cui lo stato italiano nel 1999 impedì di registrare la figlia Maddalena con il cognome materno anziché quello paterno.


"La Corte di Strasburgo ha ragione. Adeguare in Italia le norme sul cognome dei nuovi nati è un obbligo". Così il premier Enrico Letta, con un tweet, dà ragione alla Corte Europea che si è pronunciata sulla possibilità di scegliere il cognome della madre.


"Sono ovviamente entusiasta, è un'altro passo avanti verso il progresso e servirà soprattutto ai nostri figli" commenta la mamma, che nel corso dei vari gradi di giudizio ha avuto altri due figli, un'altra femminuccia ed un maschietto. "La sentenza non ha un'implicazione diretta sul nostro caso, ma occorre aspettare che l'Italia legiferi - spiega la donna - Poi non so cosa decideremo per nostra figlia e gli altri due nati nel frattempo, ma di sicuro spero che quando saranno genitori loro potranno scegliere liberamente".


Nel frattempo ai figli della coppia sono stati posti tanto il cognome paterno quanto quello materno, cosi come permesso dalla legge sin dal 2000. Una modifica che però la Corte non considera una soluzione sufficiente. "Una specie di cortesia che viene fatta, quella di poter aggiungere il cognome materno - osserva Cusan - Non è la stessa cosa del poter scegliere...".


La sentenza diverrà definitiva tra 3 mesi, se il governo non chiederà e otterrà una revisione del caso davanti alla Grande Camera. Ma il pronunciamento è già stato accolto con favore da diversi esponenti politici, che si dicono pronti a riformare la legislazione italiana, cosi come chiesto dalla Corte di Strasburgo. "La sentenza segna un passo avanti fondamentale per le pari opportunità nel nostro Paese" dice la senatrice del Pd Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari Costituzionali, sottolineando con molti colleghi di partito "la necessità di prevedere al più presto un intervento normativo per mettere fine a questa discriminazione".


Una posizione condivisa anche dalla deputata di Forza Italia, Jole Santelli, che si augura come "dopo la condanna da parte di Strasburgo finalmente il Parlamento italiano decida d'innovare una legislazione obsoleta, consentendo ai bambini di assumere il cognome delle madri". E a chiedere una riforma del diritto di famiglia italiano che vada nel senso della sentenza di Strasburgo, è anche l'associazione degli avvocati matrimonialisti, il cui presidente, l'avv. Gian Ettore Gassani, sottolinea come sia "da circa vent'anni che nel nostro Paese si parla di libertà nell'attribuzione del cognome ai figli".

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