BRUXELLES - I cambiamenti climatici aggravano le disuguaglianze regionali, incidendo maggiormente sulle regioni costiere, mediterranee e sud-orientali dell'Ue, con un costo di oltre l'1% del Pil all'anno. Le stime sono contenute nel 9° Rapporto sulla politica di coesione pubblicato oggi dalla Commissione europea, in cui si ricorda che la "transizione verso un'economia climaticamente neutra deve essere realizzata in modo giusto ed equo, in quanto le regioni hanno capacità diverse per cogliere i benefici che apporta". Tra le regioni mediterranee colpite dagli effetti dei cambiamenti climatici anche l'Italia.
Bruxelles stima che finora la politica di coesione abbia stanziato già 69 miliardi di euro tra il 2014 e il 2020 nella transizione verde, grazie ai quali "550mila famiglie hanno beneficiato di una maggiore prestazione energetica negli edifici, riducendo in tal modo le bollette energetiche". Il rapporto ne sottolinea i benefici anche in termini energetici e climatici con 6mila megawatt di capacità di energia rinnovabile generati e sono state messe in atto misure di protezione contro le inondazioni per 17 milioni di persone. Quanto alla rivoluzione digitale, tra il 2014 e il 2020 la politica di coesione ha investito 14 miliardi di euro per colmare il divario. Il rapporto sottolinea che le prestazioni delle reti fisse sono migliorate in tutti gli Stati membri e 7,8 milioni di famiglie hanno beneficiato di una migliore connessione a banda larga.
Inoltre, grazie alla politica di coesione entro il 2027 saranno creati 1,3 milioni di posti di lavoro in più nell'Ue, in gran parte in settori legati alla transizione gemella, verde e digitale. La politica rimane un "motore di sviluppo sostenibile e di crescita economica" e - stima Bruxelles - ogni euro investito nei programmi 2014-2020 e 2021-2027 sarà "quasi triplicato nel 2043, il che equivale a un tasso di rendimento annuo di circa il 4%". Il rapporto evidenzia ancora che alla fine del 2022, i finanziamenti della politica di coesione tra il 2014 e il 2020 avevano sostenuto oltre 4,4 milioni di imprese, creato 370mila posti di lavoro in queste aziende e costituito circa il 13% degli investimenti pubblici totali nell'Ue, raggiungendo il 51% per gli Stati membri meno sviluppati.
Affrontare le dinamiche economiche emergenti, adattare il sostegno alle esigenze regionali, accelerare l'attuazione e semplificarla, rafforzare l'orientamento ai risultati e il legame con le riforme e garantire flessibilità per reagire agli eventi imprevisti. Nonostante i progressi per ridurre il divario economico, sociale e territoriale, il 9° Rapporto sulla politica di coesione mette in chiaro la necessità di riflettere su come migliorare la "progettazione della politica", traendo insegnamenti anche da altri strumenti, come il Recovery Fund. L'atteso rapporto spiana la strada alla revisione della politica e sarà al centro del confronto che si terrà l'11 e il 12 aprile al Forum sulla coesione di Bruxelles, a cui parteciperà anche la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.
Un modello di gestione diretta dei fondi in stile 'Recovery' è criticato dai territori perché tende a rinazionalizzare, e non decentrare, la spesa dei fondi di coesione. La "coesione svolgerà inoltre un ruolo fondamentale nel garantire che le nostre regioni contribuiscano pienamente alle transizioni verdi e digitali e alla competitività a lungo termine dell'economia europea", ha detto il vicepresidente per l'economia, Valdis Dombrovskis, commentando il rapporto. Nonostante i progressi registrati, la Commissione conferma la necessità di rivedere la politica per affrontare meglio alcune sfide, tra cui la "disparità tra grandi aree metropolitane e altre regioni", il "calo della popolazione in età lavorativa, l'abbandono della popolazione più giovane e le difficoltà nel trattenere i talenti".